Per introdurre il tema “Initia urbise sistema giuridico-religioso romano”, mi pare molto pertinente un pensiero di Carlo Cattaneo, il quale nel 1858, in un saggio intitolato «La città considerata come principio ideale delle istorie italiane», scriveva quanto segue: «L’imperio romano comincia entro una città; è il governo di una città dilatato a comprendere tutte le nazioni che circondano il Mediterraneo. La fede popolare derivò la città di Roma dalla città d’Alba; Alba da Lavinio, Lavinio dalla lontana Troia; le generazioni dei popoli apparvero alla loro mente generazioni di città». In quello stesso anno, il 1858, N.D. Fustel De Coulanges concludeva la sua tesi dedicata alla dea Vesta, che costituisce – com’è noto – il nucleo centrale dellaCité antique, pubblicata qualche anno più tardi, nel 1864. In quell’opera, il grande storico e comparatista francese ha disegnato, con genialità ed acutezza, la città antica «come complesso d’istituzioni politico-religiose, originale e irripetibile». Peraltro, l’originalità della città antica, cioè quale insieme di strutture urbane e istituzioni giuridico-religiose, era stata già evidenziata da J.-J. Rousseau, nelContrat social(libro I, cap. VI): «Le vrai sens de ce mot [cité] s’est presque entièrement effacé chez les modernes; la plupart prennet une ville pour une Cité et un bourgeois pour un citoyen. Il ne savent pas que les maisons font la ville, mais que les citoyens font la cité». Rousseau assumeva, in tal modo, la definizione dellacivitasche davano i Romani, intesa essenzialmente quale comunità di cittadini liberi; come attesta fra gli altri Cicerone:De re publ.1.49: quid est enim civitas nisi iuris societas civium? Ma veniamo agliinitia Urbis. In una monografia dedicata alla fondazione di Roma, Alexandre Grandazzi sostiene che gli antichi Romani ebbero coscienza del «recommencement perpétuel» che aveva caratterizzato la storia della loro città, in ragione delle varie ‘fondazioni’, quindi dei variiinizia, di cui essa era stata oggetto in epoche diverse. Certo connesso ad un nuovoinitium Urbis, o se si preferisce ad una rifondazione di Roma, appare lo stessoAugusti cognomenattribuito ad Ottaviano nel 27 a.C., quando in Senato prevalse la proposta di Munazio Planco su quanti ritenevano che lo si dovesse chiamare invece Romolo. Dal passo di Svetonio, che ci riferisce nel dettaglio l’episodio, apprendiamo che quel nome fu scelto ispirandosi al noto verso, con cui il poeta Ennio aveva cantato l’antichissima fondazione dell’Urbe:Augusto augurio postquam inclyta condita Roma est. Invero l’esempio di Augusto è particolarmente calzante anche agli affetti del nostro discorso; in quanto la sua presenza nella storia di Roma rappresenta per poeti e storiografi dell’epoca l’angolo di osservazione imprescindibile da cui rimodellare la tradizione (mitica, religiosa e giuridica) degliinitia urbis. Non è certo una novità, sostenere la tesi che negli scrittori dell’età augustea (o meglio ancora nell’ideologia che presiedeva alla ‘restaurazione’ augustea) il motivo storiografico dell’antichissima fondazione dellaurbs Roma(origo Urbiseimperii principium, per usare le parole di Tito Livio) si saldava indissolubilmente con il presente: sia con le giustificazioni religiose insite nella concezione provvidenziale e universalistica dell’impero ‘mondiale’ dei Romani; sia col mito dell’eternità di Roma. Questo è, dunque, il mio punto di partenza, per indagare gliinitia urbisin relazione ai riti di fondazione delle città, alla terminologia, ad alcune realtà spirituali e materiali, infine all’infinito spazio-temporale dell’imperium populi Romani.

Initia Urbise sistema giuridico religioso romano (Ius sacrumeius publicumtra terminologia e sistematica) / Sini, Francesco. - In: DIRITTO@STORIA. - ISSN 1825-0300. - 3(2004).

Initia Urbise sistema giuridico religioso romano (Ius sacrumeius publicumtra terminologia e sistematica)

Sini, Francesco
2004-01-01

Abstract

Per introdurre il tema “Initia urbise sistema giuridico-religioso romano”, mi pare molto pertinente un pensiero di Carlo Cattaneo, il quale nel 1858, in un saggio intitolato «La città considerata come principio ideale delle istorie italiane», scriveva quanto segue: «L’imperio romano comincia entro una città; è il governo di una città dilatato a comprendere tutte le nazioni che circondano il Mediterraneo. La fede popolare derivò la città di Roma dalla città d’Alba; Alba da Lavinio, Lavinio dalla lontana Troia; le generazioni dei popoli apparvero alla loro mente generazioni di città». In quello stesso anno, il 1858, N.D. Fustel De Coulanges concludeva la sua tesi dedicata alla dea Vesta, che costituisce – com’è noto – il nucleo centrale dellaCité antique, pubblicata qualche anno più tardi, nel 1864. In quell’opera, il grande storico e comparatista francese ha disegnato, con genialità ed acutezza, la città antica «come complesso d’istituzioni politico-religiose, originale e irripetibile». Peraltro, l’originalità della città antica, cioè quale insieme di strutture urbane e istituzioni giuridico-religiose, era stata già evidenziata da J.-J. Rousseau, nelContrat social(libro I, cap. VI): «Le vrai sens de ce mot [cité] s’est presque entièrement effacé chez les modernes; la plupart prennet une ville pour une Cité et un bourgeois pour un citoyen. Il ne savent pas que les maisons font la ville, mais que les citoyens font la cité». Rousseau assumeva, in tal modo, la definizione dellacivitasche davano i Romani, intesa essenzialmente quale comunità di cittadini liberi; come attesta fra gli altri Cicerone:De re publ.1.49: quid est enim civitas nisi iuris societas civium? Ma veniamo agliinitia Urbis. In una monografia dedicata alla fondazione di Roma, Alexandre Grandazzi sostiene che gli antichi Romani ebbero coscienza del «recommencement perpétuel» che aveva caratterizzato la storia della loro città, in ragione delle varie ‘fondazioni’, quindi dei variiinizia, di cui essa era stata oggetto in epoche diverse. Certo connesso ad un nuovoinitium Urbis, o se si preferisce ad una rifondazione di Roma, appare lo stessoAugusti cognomenattribuito ad Ottaviano nel 27 a.C., quando in Senato prevalse la proposta di Munazio Planco su quanti ritenevano che lo si dovesse chiamare invece Romolo. Dal passo di Svetonio, che ci riferisce nel dettaglio l’episodio, apprendiamo che quel nome fu scelto ispirandosi al noto verso, con cui il poeta Ennio aveva cantato l’antichissima fondazione dell’Urbe:Augusto augurio postquam inclyta condita Roma est. Invero l’esempio di Augusto è particolarmente calzante anche agli affetti del nostro discorso; in quanto la sua presenza nella storia di Roma rappresenta per poeti e storiografi dell’epoca l’angolo di osservazione imprescindibile da cui rimodellare la tradizione (mitica, religiosa e giuridica) degliinitia urbis. Non è certo una novità, sostenere la tesi che negli scrittori dell’età augustea (o meglio ancora nell’ideologia che presiedeva alla ‘restaurazione’ augustea) il motivo storiografico dell’antichissima fondazione dellaurbs Roma(origo Urbiseimperii principium, per usare le parole di Tito Livio) si saldava indissolubilmente con il presente: sia con le giustificazioni religiose insite nella concezione provvidenziale e universalistica dell’impero ‘mondiale’ dei Romani; sia col mito dell’eternità di Roma. Questo è, dunque, il mio punto di partenza, per indagare gliinitia urbisin relazione ai riti di fondazione delle città, alla terminologia, ad alcune realtà spirituali e materiali, infine all’infinito spazio-temporale dell’imperium populi Romani.
2004
Initia Urbise sistema giuridico religioso romano (Ius sacrumeius publicumtra terminologia e sistematica) / Sini, Francesco. - In: DIRITTO@STORIA. - ISSN 1825-0300. - 3(2004).
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