This essay focuses on the opera «Maometto» by Felice Romani, first performed at the Scala in Milan on 28 January 1817 with music by Peter von Winter. The subject of the libretto was inspired by the tragedy «Le fanatisme, ou Mahomet le prophète» by Voltaire, performed for the first time in Lille on 25 April 1741. «Maometto» is directly based on this French source, notwithstanding the first two prose translations of the work which appeared anonymously in 1746, by Marchese Alfonso Vincenzo Fontanelli, and in 1752 (a thorough rewriting) by the Jesuit priest Antonio Maria Ambrogi. Romani also made only marginal use of two later blank verse translations by Melchiorre Cesarotti (1762) — whose numerous reprints would later constitute the Italian «vulgata» of the work — and by Agostino Paradisi (1764). As a connection with Romani–Winter’s melodrama, it is also important to remember Goethe’s German version of the tragedy, written in September–October 1799 and published in 1802. By comparing Voltaire’s «Mahomet» and Romani’s «Maometto», one can enter into the compositional workshop of the librettist and shed light on the consummate dramaturgic ability present in the treatment of a five–act tragedy with its perfect fidelity to operatic forms that have clearly been coordinated with the musician. Reviewing the individual scenes of the opera, one can see the complex work of synthesis, specularity and invention achieved by the librettist. In «Maometto», Romani’s language — accompanied by the music of the classicist Winter — is not yet “della passione” as will be found in the libretti for Bellini and Donizetti that follow, but rather “degli affetti” thae echoes a Metastasian tradition through recourse to contemporary dramaturgic and operatic forms. The essay pays particular attention to the vocal typologies of the first performers of the opera, which were naturally linked the interpretive typologies used to create characters. Beginning with the range of different roles («soprano lirico di agilità», «contralto en travesti», «baritenore eroico», «basso nobile», «basso antagonista vilain», «tenore comprimario di mezzo carattere»), these vocal attributes were modeled on the specific characteristics of the chosen singers. The essay ends with a bibliographic note divided into three sections, preceded by two appendices, the first of which offers an intertextual illustration of Romani’s adaptation of the original source. The second deals with two performances, those given in Naples at the Teatro San Carlo in the summer of 1817, and in Rome at the Accademia Filarmonica in the autumn of 1826; and with a “palimpsest” of the opera (by the same Romani, who adapted the subject under the title of «Palmira» with music by Francesco Stabile), given at the Teatro San Carlo on 3 January 1836.

Il saggio è incentrato sul melodramma «Maometto» di Felice Romani, andato in scena al Teatro alla Scala di Milano il 28 gennaio 1817, con musica di Peter von Winter. Il soggetto del libretto si ispira alla tragedia «Le fanatisme, ou Mahomet le prophète» di Voltaire, recitata per la prima volta a Lille il 25 aprile 1741. Nel «Maometto», Romani attinge direttamente al testo originale francese, pur in presenza di ben quattro versioni italiane di esso: le prime due in prosa, uscite entrambe anonime, ad opera l’una del marchese Alfonso Vincenzo Fontanelli (1746), l’altra — un vero e proprio rimaneggiamento — del padre gesuita Antonio Maria Ambrogi (1752); le restanti due in versi sciolti, dovute l’una a Melchiorre Cesarotti (1762) — le cui numerose ristampe ne faranno la “vulgata” italiana dell’opera —, l’altra ad Agostino Paradisi (1764), delle quali il librettista mostra di aver conoscenza. E come «trait d’union» verso il melodramma di Romani–Winter, è importante ricordare altresì la versione tedesca della tragedia, realizzata da Goethe nel settembre–ottobre 1799, e pubblicata nel 1802. Istituendo un confronto tra il «Mahomet» di Voltaire ed il «Maometto» di Romani, è possibile entrare nell’officina compositiva del librettista, illuminandone la già consumata abilità drammaturgica, nel trattamento dei cinque atti della tragedia, e la perfetta adesione ai meccanismi operistici, evidentemente concertati con il musicista. Nel passare in rassegna le singole scene dell’opera, si nota il complesso lavoro di sintesi, specularità ed invenzione attuato da Romani. Nel «Maometto», il «linguaggio» utilizzato da Romani — complice anche la musica del classicista Winter — non è ancora quello «della passione», che pervaderà i libretti da lui composti per Bellini e Donizetti, bensì quello degli affetti, che aggiorna gli echi della tradizione metastasiana attraverso il ricorso alle forme della drammaturgia operistica contemporanea. Il saggio rivolge una particolare attenzione alle tipologie vocali dei primi interpreti dell’opera, alle quali sono naturalmente correlate le tipologie interpretative di essi, in vista della creazione di personaggi che — partendo da una griglia di appartenenze (il soprano lirico di agilità, il contralto «en travesti», il baritenore eroico, il basso nobile, il secondo basso che funge da antagonista «vilain», il tenore comprimario di mezzo carattere) — si modellino sulle singole caratteristiche dei cantanti prescelti. Il saggio si conclude con una Nota bibliografica articolata in tre sezioni, preceduta da due Appendici, la prima delle quali indaga attraverso un’analisi intertestuale l’impiego della “fonte” voltairiana fatto da Romani. La seconda è dedicata a due riprese dell’opera, che hanno luogo l’una al Teatro San Carlo di Napoli nell’estate del 1817, l’altra all’Accademia Filarmonica Romana nell’autunno del 1826; e ad un “palinsesto” di essa (ad opera dello stesso Romani, che rielabora/riscrive il libretto, con il titolo «Palmira», per la musica di Francesco Stabile), rappresentato al San Carlo il 3 gennaio 1836.

Gli affetti di Maometto da Voltaire al melodramma di primo Ottocento / Sarnelli, Mauro. - In: RECERCARE. - ISSN 1120-5741. - XVII:(2005), pp. 289-343.

Gli affetti di Maometto da Voltaire al melodramma di primo Ottocento

SARNELLI, Mauro
2005-01-01

Abstract

This essay focuses on the opera «Maometto» by Felice Romani, first performed at the Scala in Milan on 28 January 1817 with music by Peter von Winter. The subject of the libretto was inspired by the tragedy «Le fanatisme, ou Mahomet le prophète» by Voltaire, performed for the first time in Lille on 25 April 1741. «Maometto» is directly based on this French source, notwithstanding the first two prose translations of the work which appeared anonymously in 1746, by Marchese Alfonso Vincenzo Fontanelli, and in 1752 (a thorough rewriting) by the Jesuit priest Antonio Maria Ambrogi. Romani also made only marginal use of two later blank verse translations by Melchiorre Cesarotti (1762) — whose numerous reprints would later constitute the Italian «vulgata» of the work — and by Agostino Paradisi (1764). As a connection with Romani–Winter’s melodrama, it is also important to remember Goethe’s German version of the tragedy, written in September–October 1799 and published in 1802. By comparing Voltaire’s «Mahomet» and Romani’s «Maometto», one can enter into the compositional workshop of the librettist and shed light on the consummate dramaturgic ability present in the treatment of a five–act tragedy with its perfect fidelity to operatic forms that have clearly been coordinated with the musician. Reviewing the individual scenes of the opera, one can see the complex work of synthesis, specularity and invention achieved by the librettist. In «Maometto», Romani’s language — accompanied by the music of the classicist Winter — is not yet “della passione” as will be found in the libretti for Bellini and Donizetti that follow, but rather “degli affetti” thae echoes a Metastasian tradition through recourse to contemporary dramaturgic and operatic forms. The essay pays particular attention to the vocal typologies of the first performers of the opera, which were naturally linked the interpretive typologies used to create characters. Beginning with the range of different roles («soprano lirico di agilità», «contralto en travesti», «baritenore eroico», «basso nobile», «basso antagonista vilain», «tenore comprimario di mezzo carattere»), these vocal attributes were modeled on the specific characteristics of the chosen singers. The essay ends with a bibliographic note divided into three sections, preceded by two appendices, the first of which offers an intertextual illustration of Romani’s adaptation of the original source. The second deals with two performances, those given in Naples at the Teatro San Carlo in the summer of 1817, and in Rome at the Accademia Filarmonica in the autumn of 1826; and with a “palimpsest” of the opera (by the same Romani, who adapted the subject under the title of «Palmira» with music by Francesco Stabile), given at the Teatro San Carlo on 3 January 1836.
2005
Il saggio è incentrato sul melodramma «Maometto» di Felice Romani, andato in scena al Teatro alla Scala di Milano il 28 gennaio 1817, con musica di Peter von Winter. Il soggetto del libretto si ispira alla tragedia «Le fanatisme, ou Mahomet le prophète» di Voltaire, recitata per la prima volta a Lille il 25 aprile 1741. Nel «Maometto», Romani attinge direttamente al testo originale francese, pur in presenza di ben quattro versioni italiane di esso: le prime due in prosa, uscite entrambe anonime, ad opera l’una del marchese Alfonso Vincenzo Fontanelli (1746), l’altra — un vero e proprio rimaneggiamento — del padre gesuita Antonio Maria Ambrogi (1752); le restanti due in versi sciolti, dovute l’una a Melchiorre Cesarotti (1762) — le cui numerose ristampe ne faranno la “vulgata” italiana dell’opera —, l’altra ad Agostino Paradisi (1764), delle quali il librettista mostra di aver conoscenza. E come «trait d’union» verso il melodramma di Romani–Winter, è importante ricordare altresì la versione tedesca della tragedia, realizzata da Goethe nel settembre–ottobre 1799, e pubblicata nel 1802. Istituendo un confronto tra il «Mahomet» di Voltaire ed il «Maometto» di Romani, è possibile entrare nell’officina compositiva del librettista, illuminandone la già consumata abilità drammaturgica, nel trattamento dei cinque atti della tragedia, e la perfetta adesione ai meccanismi operistici, evidentemente concertati con il musicista. Nel passare in rassegna le singole scene dell’opera, si nota il complesso lavoro di sintesi, specularità ed invenzione attuato da Romani. Nel «Maometto», il «linguaggio» utilizzato da Romani — complice anche la musica del classicista Winter — non è ancora quello «della passione», che pervaderà i libretti da lui composti per Bellini e Donizetti, bensì quello degli affetti, che aggiorna gli echi della tradizione metastasiana attraverso il ricorso alle forme della drammaturgia operistica contemporanea. Il saggio rivolge una particolare attenzione alle tipologie vocali dei primi interpreti dell’opera, alle quali sono naturalmente correlate le tipologie interpretative di essi, in vista della creazione di personaggi che — partendo da una griglia di appartenenze (il soprano lirico di agilità, il contralto «en travesti», il baritenore eroico, il basso nobile, il secondo basso che funge da antagonista «vilain», il tenore comprimario di mezzo carattere) — si modellino sulle singole caratteristiche dei cantanti prescelti. Il saggio si conclude con una Nota bibliografica articolata in tre sezioni, preceduta da due Appendici, la prima delle quali indaga attraverso un’analisi intertestuale l’impiego della “fonte” voltairiana fatto da Romani. La seconda è dedicata a due riprese dell’opera, che hanno luogo l’una al Teatro San Carlo di Napoli nell’estate del 1817, l’altra all’Accademia Filarmonica Romana nell’autunno del 1826; e ad un “palinsesto” di essa (ad opera dello stesso Romani, che rielabora/riscrive il libretto, con il titolo «Palmira», per la musica di Francesco Stabile), rappresentato al San Carlo il 3 gennaio 1836.
Gli affetti di Maometto da Voltaire al melodramma di primo Ottocento / Sarnelli, Mauro. - In: RECERCARE. - ISSN 1120-5741. - XVII:(2005), pp. 289-343.
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