Dopo l’entrata in vigore il primo maggio del 2004 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” che ha sostituito il “Testo unico dei beni culturali e paesaggistici” (Decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490), la scelta operata nel settore sanzionatorio è tuttora nel senso della sostanziale conferma del sistema delineato prima dalla l. 1089/1939 e poi dal testo unico: affidamento al potere amministrativo dei compiti di gestione dei beni culturali e al diritto penale del compito di garanzia dell’effettività dell’intera normativa, attraverso la deterrenza delle sue minacce. Pur in un contesto normativo talora mutato, la tecnica di tutela penale risulta ancora polarizzata sul pericolo astratto. La maggior parte delle condotte consiste sostanzialmente in attività di vario tipo compiute senza autorizzazione. Si tratta di condotte che richiedono per la loro esecuzione speciali cautele e competenze tecnico-professionali. Infatti i beni culturali si caratterizzano per la loro unicità, deperibilità e non ripetibilità, in quanto il nesso tra elemento materiale ed elemento ideale non è riproducibile in modo equivalente se muta il termine del rapporto rappresentato dall’elemento materiale. In condotte come demolire, rimuovere, modificare, restaurare beni culturali, o ricercare beni archeologici, il legislatore continua a ravvisare quella “generale pericolosità” che motiva la scelta della tecnica del pericolo astratto; e soprattutto continua a sanzionarle penalmente. Emblema del sistema di tutela penale rimane la fattispecie di “opere illecite”, che punisce chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove, modifica, restaura ovvero esegue opere di qualunque genere su beni culturali: la fattispecie, già nell’art. 59 della l. 1089/1939 e nell’art. 118 del testo unico, è nel nuovo codice contenuta nell’art. 169.
Commento articolo per articolo al D. lgs. 22.1.2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) / Demuro, Giampaolo. - In: LA LEGISLAZIONE PENALE. - ISSN 0393-134X. - 3:(2004), pp. 425-471.
Commento articolo per articolo al D. lgs. 22.1.2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio)
DEMURO, Giampaolo
2004-01-01
Abstract
Dopo l’entrata in vigore il primo maggio del 2004 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” che ha sostituito il “Testo unico dei beni culturali e paesaggistici” (Decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490), la scelta operata nel settore sanzionatorio è tuttora nel senso della sostanziale conferma del sistema delineato prima dalla l. 1089/1939 e poi dal testo unico: affidamento al potere amministrativo dei compiti di gestione dei beni culturali e al diritto penale del compito di garanzia dell’effettività dell’intera normativa, attraverso la deterrenza delle sue minacce. Pur in un contesto normativo talora mutato, la tecnica di tutela penale risulta ancora polarizzata sul pericolo astratto. La maggior parte delle condotte consiste sostanzialmente in attività di vario tipo compiute senza autorizzazione. Si tratta di condotte che richiedono per la loro esecuzione speciali cautele e competenze tecnico-professionali. Infatti i beni culturali si caratterizzano per la loro unicità, deperibilità e non ripetibilità, in quanto il nesso tra elemento materiale ed elemento ideale non è riproducibile in modo equivalente se muta il termine del rapporto rappresentato dall’elemento materiale. In condotte come demolire, rimuovere, modificare, restaurare beni culturali, o ricercare beni archeologici, il legislatore continua a ravvisare quella “generale pericolosità” che motiva la scelta della tecnica del pericolo astratto; e soprattutto continua a sanzionarle penalmente. Emblema del sistema di tutela penale rimane la fattispecie di “opere illecite”, che punisce chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove, modifica, restaura ovvero esegue opere di qualunque genere su beni culturali: la fattispecie, già nell’art. 59 della l. 1089/1939 e nell’art. 118 del testo unico, è nel nuovo codice contenuta nell’art. 169.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.