Liberalizzazione del commercio non è sinonimo di deregulation, ma di re-regulation. Ad oltre venti anni dal cd. decreto Bersani, quindici anni dalla direttiva Bolkestein e dopo più di due anni di pandemia, è forte l’esigenza di una riflessione aggiornata in tema. Il decreto Bersani, insieme all’introduzione del principio della liberalizzazione delle attività commerciali, aveva previsto infatti anche una notevole attività attuativa delle Regioni e degli Enti Locali, che è rimasta invece sulla carta, perché ha prevalso nei fatti la logica del laissez faire. Gli effetti negativi di tale impostazione sono evidenti: fenomeni di degrado edilizio, ambientale, eco- nomico, sociale; di desertificazione del tessuto commerciale delle città (aumento del commercio ambulante e della grande distribuzione), di folklorizzazione, necrotizzazione e musealizzazione dei centri storici, di diminuzione dell’attrattività turistica. Fenomeni accentuati dalle dinamiche indotte dalla globalizzazione: incremento dei flussi migratori e della circolazione (anche illecita) di merci, servizi e capitali, incremento del mercato delle locazioni a breve termine e dell’ospitalità diffusa. La pandemia ha inoltre già rimescolato molte certezze che apparivano consolidate, con il cambiamento indotto nelle abitudini e negli stili di vita e di consumo, che per un verso vanno rafforzando le multinazionali della distribuzione on line (una minaccia maggiore del centro commerciale, la forma di concentrazione su cui si era concentrata fino a ieri la maggiore attenzione), e per altro consolidano nuove modalità di turismo: culturale, cosiddetto “esperienziale”, lento. Ciò impegna in primo luogo i pubblici poteri, chiamati a intervenire in modo corretto e adeguato.
Appunti in tema di liberalizzazione del commercio nelle aree urbane / D'Orsogna, D.. - In: RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO. - ISSN 2039-9022. - 32(2022).
Appunti in tema di liberalizzazione del commercio nelle aree urbane.
D. D'ORSOGNA
Writing – Original Draft Preparation
2022-01-01
Abstract
Liberalizzazione del commercio non è sinonimo di deregulation, ma di re-regulation. Ad oltre venti anni dal cd. decreto Bersani, quindici anni dalla direttiva Bolkestein e dopo più di due anni di pandemia, è forte l’esigenza di una riflessione aggiornata in tema. Il decreto Bersani, insieme all’introduzione del principio della liberalizzazione delle attività commerciali, aveva previsto infatti anche una notevole attività attuativa delle Regioni e degli Enti Locali, che è rimasta invece sulla carta, perché ha prevalso nei fatti la logica del laissez faire. Gli effetti negativi di tale impostazione sono evidenti: fenomeni di degrado edilizio, ambientale, eco- nomico, sociale; di desertificazione del tessuto commerciale delle città (aumento del commercio ambulante e della grande distribuzione), di folklorizzazione, necrotizzazione e musealizzazione dei centri storici, di diminuzione dell’attrattività turistica. Fenomeni accentuati dalle dinamiche indotte dalla globalizzazione: incremento dei flussi migratori e della circolazione (anche illecita) di merci, servizi e capitali, incremento del mercato delle locazioni a breve termine e dell’ospitalità diffusa. La pandemia ha inoltre già rimescolato molte certezze che apparivano consolidate, con il cambiamento indotto nelle abitudini e negli stili di vita e di consumo, che per un verso vanno rafforzando le multinazionali della distribuzione on line (una minaccia maggiore del centro commerciale, la forma di concentrazione su cui si era concentrata fino a ieri la maggiore attenzione), e per altro consolidano nuove modalità di turismo: culturale, cosiddetto “esperienziale”, lento. Ciò impegna in primo luogo i pubblici poteri, chiamati a intervenire in modo corretto e adeguato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.