I primi due volumi dellaStoria di Sardegnadi Giuseppe Manno comparvero in prima edizione tra il 1825 ed il 1826, in un periodo che precede non solo la falsificazione delle Carte di Arborea ma anche le grandi scoperte archeologiche ed epigrafiche del canonico Giovanni Spano, padre dell'archeologia della Sardegna. Da un lato dunque l’opera costituisce un’eccezione nel panorama della produzione dell’Ottocento, per non essere ancora inquinata dal mito delle Pergamene d’Arborea; d’altro lato però si colloca in un periodo in cui non erano stati ancora acquisiti i risultati degli scavi archeologici promossi nell’isola, il che spiega i molti limiti dell’opera, soprattutto per l'età imperiale romana, che non può giovarsi delle indagini topografiche e archeologiche e dell'apporto delle numerose iscrizioni latine anche di carattere pubblico e con riflessi sull'amministrazione provinciale e cittadina, venute alla luce e comunque studiate a partire dalla metà dell'Ottocento ed inserire nel 1883 nel X volume delCorpus Inscriptionum Latinarum. Quella del Manno fu una ricerca affrettata, svolta in pochi mesi, senza adeguati strumenti dell'analisi filologica e la profondità dell'indagine storica, anche se non manca una riflessione pacata, non priva di acume e di ironia, che si differenzia nettamente dalla posizione di tutti gli studiosi precedenti. In particolare il Manno supera senz’altro l’impostazione annalistica dell’opera del Fara e dei suoi epigoni e si confronta in modo nuovo con le fonti letterarie, utilizzate con disinvoltura e con ampiezza. Egli del resto ammira l’opera del Fara, ilDe rebus Sardois, che gli appare però inquinata dall'utilizzo di Annio di Viterbo «impostore troppo noto per la pubblicazione da lui fatta delle supposte scritture di Beroso».
La Sardegna dalle origini all'età vandalica nell'opera di Giuseppe Manno / Mastino, Attilio. - In: DIRITTO@STORIA. - ISSN 1825-0300. - 4(2005).
La Sardegna dalle origini all'età vandalica nell'opera di Giuseppe Manno
Mastino, Attilio
2005-01-01
Abstract
I primi due volumi dellaStoria di Sardegnadi Giuseppe Manno comparvero in prima edizione tra il 1825 ed il 1826, in un periodo che precede non solo la falsificazione delle Carte di Arborea ma anche le grandi scoperte archeologiche ed epigrafiche del canonico Giovanni Spano, padre dell'archeologia della Sardegna. Da un lato dunque l’opera costituisce un’eccezione nel panorama della produzione dell’Ottocento, per non essere ancora inquinata dal mito delle Pergamene d’Arborea; d’altro lato però si colloca in un periodo in cui non erano stati ancora acquisiti i risultati degli scavi archeologici promossi nell’isola, il che spiega i molti limiti dell’opera, soprattutto per l'età imperiale romana, che non può giovarsi delle indagini topografiche e archeologiche e dell'apporto delle numerose iscrizioni latine anche di carattere pubblico e con riflessi sull'amministrazione provinciale e cittadina, venute alla luce e comunque studiate a partire dalla metà dell'Ottocento ed inserire nel 1883 nel X volume delCorpus Inscriptionum Latinarum. Quella del Manno fu una ricerca affrettata, svolta in pochi mesi, senza adeguati strumenti dell'analisi filologica e la profondità dell'indagine storica, anche se non manca una riflessione pacata, non priva di acume e di ironia, che si differenzia nettamente dalla posizione di tutti gli studiosi precedenti. In particolare il Manno supera senz’altro l’impostazione annalistica dell’opera del Fara e dei suoi epigoni e si confronta in modo nuovo con le fonti letterarie, utilizzate con disinvoltura e con ampiezza. Egli del resto ammira l’opera del Fara, ilDe rebus Sardois, che gli appare però inquinata dall'utilizzo di Annio di Viterbo «impostore troppo noto per la pubblicazione da lui fatta delle supposte scritture di Beroso».File | Dimensione | Formato | |
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