Il 29 settembre (o forse il 30) del 57 a.C., pochi giorni dopo il suo trionfale ritorno dall’esilio, Marco Tullio Cicerone introduceva l’orazioneDe domo sua, pronunciata com’è noto davanti al collegio dei pontefici, con queste parole: «Tra le molte istituzioni che gli dèi, o pontefici, hanno ispirato ai nostri antenati, non ce n’è una che sia più bella della loro volontà di affidare agli stessi uomini sia i culti degli dèi immortali (religiones deorum immortalium) sia i supremi interessi della repubblica, affinché i più autorevoli e illustri cittadini assicurassero col loro buon governo la conservazione dei culti e con una saggia interpretazione dellareligiola prosperità della repubblica». In questo scritto non posso certo ripercorrere le vicende della casa di Cicerone, la cui area, dopo la condanna all’esilio dell’oratore, era stata fatta consacrare dal tribuno della plebe P. Clodio Pulcro, con l’intenzione di innalzarvi un tempio allaLibertas; tuttavia, vorrei rammentare il valore giuridico e religioso dell'orazione, che si presenta come una fonte attendibilissima, e certo ben documentata, in tema diius publicume diius pontificium. Il brano iniziale del celebre discorso ciceroniano esprime, quindi, in maniera davvero pregnante, una convinzione profonda della classe dirigente romana; la quale, ancora nel primo secolo a.C., reputava di grande utilità, politica e ideologica, riaffermare il valore dell’inscindibile rapporto che sempre, nel corso della storia di Roma, aveva legato la religione tradizionale alle istituzioni politiche e giuridiche dellares publicae all’imperium populi Romani. Questo mio contributo propone alcune riflessioni sul rapporto tra religione e sistema giuridico romano. Tratterò, in primo luogo, di errate (ma alquanto comuni) rappresentazioni moderne della religione politeista romana; mi soffermerò poi sulle tensioni universalistiche del sistema, esaminando specifiche realtà delloius divinume il complesso meccanismo dell’interpretatio Romana; seguirà l’analisi del rapporto trareligio,civitaseimperiumdel Popolo romano; per discutere, infine, del concetto dipax deorume della sua valenza (teologica e) giuridica; le conclusioni saranno dedicate alla tradizione documentaria dei sacerdoti e al suo interagire con il diritto e con le istituzioni.

Religione e sistema giuridico in Roma repubblicana / Sini, Francesco. - In: DIRITTO@STORIA. - ISSN 1825-0300. - 3(2004).

Religione e sistema giuridico in Roma repubblicana

Sini, Francesco
2004-01-01

Abstract

Il 29 settembre (o forse il 30) del 57 a.C., pochi giorni dopo il suo trionfale ritorno dall’esilio, Marco Tullio Cicerone introduceva l’orazioneDe domo sua, pronunciata com’è noto davanti al collegio dei pontefici, con queste parole: «Tra le molte istituzioni che gli dèi, o pontefici, hanno ispirato ai nostri antenati, non ce n’è una che sia più bella della loro volontà di affidare agli stessi uomini sia i culti degli dèi immortali (religiones deorum immortalium) sia i supremi interessi della repubblica, affinché i più autorevoli e illustri cittadini assicurassero col loro buon governo la conservazione dei culti e con una saggia interpretazione dellareligiola prosperità della repubblica». In questo scritto non posso certo ripercorrere le vicende della casa di Cicerone, la cui area, dopo la condanna all’esilio dell’oratore, era stata fatta consacrare dal tribuno della plebe P. Clodio Pulcro, con l’intenzione di innalzarvi un tempio allaLibertas; tuttavia, vorrei rammentare il valore giuridico e religioso dell'orazione, che si presenta come una fonte attendibilissima, e certo ben documentata, in tema diius publicume diius pontificium. Il brano iniziale del celebre discorso ciceroniano esprime, quindi, in maniera davvero pregnante, una convinzione profonda della classe dirigente romana; la quale, ancora nel primo secolo a.C., reputava di grande utilità, politica e ideologica, riaffermare il valore dell’inscindibile rapporto che sempre, nel corso della storia di Roma, aveva legato la religione tradizionale alle istituzioni politiche e giuridiche dellares publicae all’imperium populi Romani. Questo mio contributo propone alcune riflessioni sul rapporto tra religione e sistema giuridico romano. Tratterò, in primo luogo, di errate (ma alquanto comuni) rappresentazioni moderne della religione politeista romana; mi soffermerò poi sulle tensioni universalistiche del sistema, esaminando specifiche realtà delloius divinume il complesso meccanismo dell’interpretatio Romana; seguirà l’analisi del rapporto trareligio,civitaseimperiumdel Popolo romano; per discutere, infine, del concetto dipax deorume della sua valenza (teologica e) giuridica; le conclusioni saranno dedicate alla tradizione documentaria dei sacerdoti e al suo interagire con il diritto e con le istituzioni.
2004
Religione e sistema giuridico in Roma repubblicana / Sini, Francesco. - In: DIRITTO@STORIA. - ISSN 1825-0300. - 3(2004).
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Sini_F_Articolo_2004_Religione.pdf

accesso aperto

Tipologia: Versione editoriale (versione finale pubblicata)
Licenza: Non specificato
Dimensione 381.34 kB
Formato Adobe PDF
381.34 kB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11388/264626
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact