Favete, adeste aequo animo et rem cognoscite, ut pernoscatis ecquid spei sit relicuom, posthac quas faciet de integro comoedias, spectandae an exigendae sint vobis prius.Con queste parole Terenzio si rivolge all'instabile pubblico romano nel concludere il polemico prologo dell'Andria. Mentre invita gli spettatori ad un giudizio spassionato sulla sua opera, coglie l'occasione per lanciare l'ultimo strale. Infatti nel momento in cui preannuncia che comporrà commediede integro, lascia intendere che i suoi detrattori non sono capaci di fare altrettanto. La conclusione della polemica afferma contemporaneamente l'inconsistenza artistica delloscriberedei suoi avversari e la novità del suo teatro, nella piena coscienza della propria originalità.Ma che cosa si nasconde dietro queste affermazioni? Quale poetica, quali ricerche tecniche, quali battaglie culturali? A noi resta solo il traguardo di una strada che Terenzio dovette percorrere, come egli stesso ci lascia intravvedere dietro il conciso enunciato. Ripercorrere quella strada è appunto l'oggetto della presente ricerca. Sebbene il tema non sia nuovo per la critica filologica, appare comunque meritevole di ulteriore approfondimento per le problematiche che contiene e i suggestivi spiragli che apre sull'epoca degli Scipioni. Non si tratta tanto di scoprire in quale misura Terenzio sia stato autonomo nei confronti degli esemplari greci, quanto di capire per quale motivo egli ritenesse di aver raggiunto una propria originalità.
L'Originalità del teatro di Terenzio alla luce della nuova estetica e della politica del circolo scipionico / Cicu, Luciano. - In: SANDALION. - ISSN 0392-5099. - 1:1978(1978), pp. 73-121.
L'Originalità del teatro di Terenzio alla luce della nuova estetica e della politica del circolo scipionico
Cicu, Luciano
1978-01-01
Abstract
Favete, adeste aequo animo et rem cognoscite, ut pernoscatis ecquid spei sit relicuom, posthac quas faciet de integro comoedias, spectandae an exigendae sint vobis prius.Con queste parole Terenzio si rivolge all'instabile pubblico romano nel concludere il polemico prologo dell'Andria. Mentre invita gli spettatori ad un giudizio spassionato sulla sua opera, coglie l'occasione per lanciare l'ultimo strale. Infatti nel momento in cui preannuncia che comporrà commediede integro, lascia intendere che i suoi detrattori non sono capaci di fare altrettanto. La conclusione della polemica afferma contemporaneamente l'inconsistenza artistica delloscriberedei suoi avversari e la novità del suo teatro, nella piena coscienza della propria originalità.Ma che cosa si nasconde dietro queste affermazioni? Quale poetica, quali ricerche tecniche, quali battaglie culturali? A noi resta solo il traguardo di una strada che Terenzio dovette percorrere, come egli stesso ci lascia intravvedere dietro il conciso enunciato. Ripercorrere quella strada è appunto l'oggetto della presente ricerca. Sebbene il tema non sia nuovo per la critica filologica, appare comunque meritevole di ulteriore approfondimento per le problematiche che contiene e i suggestivi spiragli che apre sull'epoca degli Scipioni. Non si tratta tanto di scoprire in quale misura Terenzio sia stato autonomo nei confronti degli esemplari greci, quanto di capire per quale motivo egli ritenesse di aver raggiunto una propria originalità.File | Dimensione | Formato | |
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