L'antica parrocchiale di Olmedo, dedicata alla Vergine di Tàlia, non aveva finora suscitato, per quanto si sappia, alcun particolare interesse negli studiosi di cose sarde. Alterata, infatti, nella sua fisionomia originaria dagli spessi intonaci che nei secoli s'erano sovrapposti, non appariva che una modestissima chiesetta di villaggio d'età indefinibile e di cui si poteva trovare il corrispettivo in qualsiasi altro centro abitato dell'isola. Esemplare è al riguardo il giudizio dell'Angius che la diceva “piccola così che né pur basta ai pochi abitanti, senza sacristia, sprovvista di necessari arredi esquallida... come le case”.Dopo i restauri, conclusi alla fine degli anni sessanta, la chiesa ha rivelato essere in realtà tutt'altro che “squallida” e di potersi inserire degnamente nel panorama architettonico della Sardegna medioevale accanto a quegli edifici religiosi che derivarono dagli insegnamenti e proposte “di due eccezionali personalità, di cui una, ancora entro i limiti cronologici del secolo XI, crea col S. Gavino di Porto Torres un capolavoro di taglia talmente alta da influenzare tutta una cerchia di imitatori e seguaci e l'altra, alle soglie del nuovo secolo e con la chiesa di S. Maria di Ardara, altro capostipite così degno, nella sua perfezione formale, di nuovi motivi, da suggestionare, con la propria presenza, l'intiero svolgersi del romanico della Sardegna fino, almeno, alle soglie del Duecento”.
La Chiesa romanica di Nostra Signora di Tàlia a Olmedo (Sassari) / Sari, Aldo. - In: STUDI SARDI. - ISSN 2037-4232. - 24:1975-1977 pubbl. 1978(1978), pp. 241-250.
La Chiesa romanica di Nostra Signora di Tàlia a Olmedo (Sassari)
Sari, Aldo
1978-01-01
Abstract
L'antica parrocchiale di Olmedo, dedicata alla Vergine di Tàlia, non aveva finora suscitato, per quanto si sappia, alcun particolare interesse negli studiosi di cose sarde. Alterata, infatti, nella sua fisionomia originaria dagli spessi intonaci che nei secoli s'erano sovrapposti, non appariva che una modestissima chiesetta di villaggio d'età indefinibile e di cui si poteva trovare il corrispettivo in qualsiasi altro centro abitato dell'isola. Esemplare è al riguardo il giudizio dell'Angius che la diceva “piccola così che né pur basta ai pochi abitanti, senza sacristia, sprovvista di necessari arredi esquallida... come le case”.Dopo i restauri, conclusi alla fine degli anni sessanta, la chiesa ha rivelato essere in realtà tutt'altro che “squallida” e di potersi inserire degnamente nel panorama architettonico della Sardegna medioevale accanto a quegli edifici religiosi che derivarono dagli insegnamenti e proposte “di due eccezionali personalità, di cui una, ancora entro i limiti cronologici del secolo XI, crea col S. Gavino di Porto Torres un capolavoro di taglia talmente alta da influenzare tutta una cerchia di imitatori e seguaci e l'altra, alle soglie del nuovo secolo e con la chiesa di S. Maria di Ardara, altro capostipite così degno, nella sua perfezione formale, di nuovi motivi, da suggestionare, con la propria presenza, l'intiero svolgersi del romanico della Sardegna fino, almeno, alle soglie del Duecento”.File | Dimensione | Formato | |
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