LA PARTECIPAZIONE NELLE DECISIONI PUBBLICHE: DALLA TEORIA ALLA PRATICA

Questo articolo ha l’ambizione di fare il punto sul tema della partecipazione nelle decisioni pubbliche, cercando di esporre nel modo più semplice possibile i suoi contenuti sia teorici che pratici. Si comincia individuando le fondamenta teoriche della partecipazione, che vengono rintracciate nell’approccio di filosofia della politica che prende il nome di democrazia deliberativa. Un approccio che ha due elementi costitutivi: la deliberazione (intesa come discussione) e la democrazia diretta (come complemento di quella rappresentativa). Come ha capito per prima Arnstein, si può parlare di buone pratiche partecipative solo se si ritrovano questi due elementi, altrimenti si tratta di applicazioni manipolatorie e discorsive che generano una partecipazione solo di nome. Entrando nel merito delle applicazioni pratiche della partecipazione, si capisce rapidamente che c’è innanzitutto un elemento che fa la differenza tra buone e cattive pratiche partecipative: la possibilità che i partecipanti – grazie alla discussione – possano cambiare opinione. In questo senso la partecipazione si manifesta come processo dinamico di apprendimento, che va ben oltre la raccolta e – quando va bene – il confronto tra posizioni ed interessi cristallizzati. La discriminante della discussione è utile per valutare anche le pratiche partecipative istituzionalizzate: la giuria dei cittadini, il bilancio partecipativo, il dibattito pubblico, ecc. L’analisi di dettaglio di due procedure partecipative condotte di recente in Italia consente di completare il quadro, rimettendo insieme pratica e teoria. In ultima analisi la sfida che resta aperta – non solo in Italia – è coinvolgere direttamente i cittadini nella partecipazione, evitando così di ricadere nei limiti della democrazia rappresentativa che si ripropongono quando a partecipare sono solo i soggetti intermedi della società civile, i cosiddetti stakeholder.