E’ stato dimostrato che il carvedilolo, (1-[carbazolil-(4)-ossil]-3-[2-metossifenossietil)- amino]-2-propanolo), un farmaco antiipertensivo con funzione β-bloccante, agisce nell’uomo come antiossidante. E’ infatti noto come esso combini la propria azione β-bloccante con quella antiossidativa sia in vitro che in vivo. La sua capacità antiossidante è circa 10 volte maggiore rispetto a quella della vitamina E. Tale proprietà può essere ricondotta alla capacità metallochelante del farmaco. Lo stress ossidativo dovuto a metalli, infatti, gioca un ruolo critico in processi biologici nocivi come carcinogenesi, sclerosi laterale amiotrofica, artrite reumatoide, infiammazioni e malattie neurodegenerative. L’accumulo dei metalli nei tessuti è associato a danno tissutale: ad esempio, l’accumulo di zinco, ferro e rame nel cervello è correlato a malattie come la sindrome di Alzheimer, di Parkinson e quella dei prioni; la presenza di metalli pesanti in generale è stata indicata come concausa o diretta responsabile della formazione e proliferazione di diversi tipi di tumore. La possibilità di eliminare per chelazione i metalli pesanti dal corpo umano va dunque nella direzione della sintesi di farmaci utili a prevenire o attenuare tutti gli stati patologici da essi determinati o quantomeno favoriti. I complessi di ferro(III), zinco(II) e rame(II) con il carvedilolo sono stati pertanto sintetizzati e caratterizzati attraverso le loro proprietà strutturali e spettroscopiche, utilizzando tecniche quali NMR, EPR, riflettanza UV-Visibile e misure di suscettibilità. Si è visto che l’interazione con il metallo coinvolge gli atomi donatori O e N della porzione alifatica della molecola. Studi di risonanza magnetica nucleare in soluzione, effettuati in condizioni che simulavano quelle fisiologiche, ci hanno consentito di ottenere informazioni strutturali sulla coordinazione con i metalli, e di suggerire che la concentrazione fisiologica del carvedilolo e degli ioni metallici liberi possa essere sufficiente per un effetto protettivo che si esplichi attraverso la chelazione del metallo. Se i nostri risultati fossero confermati anche in un modello cellulare, sarebbe possibile utilizzare il carvedilolo come farmaco nel trattamento delle malattie dovute all’accumulo di ioni metallici nei tessuti.

Studio di meccanismi di tossicita e cancerogenesi di metalli pesanti / Medici, Serenella; Peana, Massimiliano Francesco; Zoroddu, Maria Antonietta. - (2009), pp. 50-51. (Intervento presentato al convegno “Worsar 2009” 1° Workshop Regionale Sardo degli Assegnisti di Ricerca tenutosi a Cagliari, Italia nel 24-25 Settembre 2009).

Studio di meccanismi di tossicita e cancerogenesi di metalli pesanti

MEDICI, Serenella;PEANA, Massimiliano Francesco;ZORODDU, Maria Antonietta
2009-01-01

Abstract

E’ stato dimostrato che il carvedilolo, (1-[carbazolil-(4)-ossil]-3-[2-metossifenossietil)- amino]-2-propanolo), un farmaco antiipertensivo con funzione β-bloccante, agisce nell’uomo come antiossidante. E’ infatti noto come esso combini la propria azione β-bloccante con quella antiossidativa sia in vitro che in vivo. La sua capacità antiossidante è circa 10 volte maggiore rispetto a quella della vitamina E. Tale proprietà può essere ricondotta alla capacità metallochelante del farmaco. Lo stress ossidativo dovuto a metalli, infatti, gioca un ruolo critico in processi biologici nocivi come carcinogenesi, sclerosi laterale amiotrofica, artrite reumatoide, infiammazioni e malattie neurodegenerative. L’accumulo dei metalli nei tessuti è associato a danno tissutale: ad esempio, l’accumulo di zinco, ferro e rame nel cervello è correlato a malattie come la sindrome di Alzheimer, di Parkinson e quella dei prioni; la presenza di metalli pesanti in generale è stata indicata come concausa o diretta responsabile della formazione e proliferazione di diversi tipi di tumore. La possibilità di eliminare per chelazione i metalli pesanti dal corpo umano va dunque nella direzione della sintesi di farmaci utili a prevenire o attenuare tutti gli stati patologici da essi determinati o quantomeno favoriti. I complessi di ferro(III), zinco(II) e rame(II) con il carvedilolo sono stati pertanto sintetizzati e caratterizzati attraverso le loro proprietà strutturali e spettroscopiche, utilizzando tecniche quali NMR, EPR, riflettanza UV-Visibile e misure di suscettibilità. Si è visto che l’interazione con il metallo coinvolge gli atomi donatori O e N della porzione alifatica della molecola. Studi di risonanza magnetica nucleare in soluzione, effettuati in condizioni che simulavano quelle fisiologiche, ci hanno consentito di ottenere informazioni strutturali sulla coordinazione con i metalli, e di suggerire che la concentrazione fisiologica del carvedilolo e degli ioni metallici liberi possa essere sufficiente per un effetto protettivo che si esplichi attraverso la chelazione del metallo. Se i nostri risultati fossero confermati anche in un modello cellulare, sarebbe possibile utilizzare il carvedilolo come farmaco nel trattamento delle malattie dovute all’accumulo di ioni metallici nei tessuti.
2009
Studio di meccanismi di tossicita e cancerogenesi di metalli pesanti / Medici, Serenella; Peana, Massimiliano Francesco; Zoroddu, Maria Antonietta. - (2009), pp. 50-51. (Intervento presentato al convegno “Worsar 2009” 1° Workshop Regionale Sardo degli Assegnisti di Ricerca tenutosi a Cagliari, Italia nel 24-25 Settembre 2009).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11388/52155
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