Il secolo scorso assiste all’evoluzione del processo di globalizzazione, ormai convenzionalmente suddiviso in tre fasi. Nell’ultima e attuale fase ancora in corso molte imprese decidono di delocalizzare presso mercati più ampi per sfruttare al meglio le economie di scala e minimizzare i costi di traslog. A causa di ciò, al fenomeno dell’offshoring che era stato realizzato in particolare verso i paesi asiatici, va a sostituirsi, in questi ultimi anni e per alcune aziende, il reshoring. Tale pratica, seguita inizialmente dagli Stati Uniti, è stata assecondata da altri Paesi europei, quale l’Italia – seconda solo alla Gran Bretagna per numero di rientri –, luogo in cui si sono avvicinate al fenomeno del reshoring particolari tipologie di aziende che producono alta qualità dedicata a una clientela esigente, rappresentata spesso da stranieri che ricercano il marchio Made in Italy, definito d’eccellenza nell’export internazionale. Secondo un Rapporto di Confindustria (2020), le cause che spingono a ripensare le precedenti scelte organizzative delle attività manifatturiere sono in continua evoluzione, a quelle ormai consolidate e al rientro del “made in”, fra le più recenti e sempre più rilevanti vi è la crescente importanza della sostenibilità ambientale poiché filiere produttive molto lunghe producono impatti negativi sull’ambiente. La diffusione del covid-19 che, secondo Confindustria, agisce in modo positivo nei confronti del reshoring, sia con la possibilità di accrescere il controllo della catena di produzione sia con la possibilità di cogliere opportunità di mercato derivanti dalla creazione di nuova domanda che spingono le aziende verso il paese di origine, non potendo attingere dalle disponibilità dei paesi di delocalizzazione. Una nota della Banca d’Italia (2021), invece, pur considerando che lo shock pandemico ha posto in luce la vulnerabilità di catene di approvvigionamento estese su più paesi, evidenzia come la maggior parte delle imprese “non abbia ancora avviato una strategia per riportare le proprie attività nei paesi di origine”. L’importanza del reshoring del Made in Italy appare di grande importanza per il Paese poiché il brand, che anche durante la crisi economica prepandemica ha svolto un ruolo cruciale nel commercio internazionale contribuendo alla crescita del PIL nazionale, viene indicato quale uno dei settori strategici della ripresa.

Il made in Italy. Dall’offshoring al reshoring / Brundu, Brunella; Battino, Silvia. - (2021), pp. 152-152. (Intervento presentato al convegno GEOGRAFIE IN MOVIMENTO / MOVING GEOGRAPHIES).

Il made in Italy. Dall’offshoring al reshoring

Brunella Brundu;Silvia Battino
2021-01-01

Abstract

Il secolo scorso assiste all’evoluzione del processo di globalizzazione, ormai convenzionalmente suddiviso in tre fasi. Nell’ultima e attuale fase ancora in corso molte imprese decidono di delocalizzare presso mercati più ampi per sfruttare al meglio le economie di scala e minimizzare i costi di traslog. A causa di ciò, al fenomeno dell’offshoring che era stato realizzato in particolare verso i paesi asiatici, va a sostituirsi, in questi ultimi anni e per alcune aziende, il reshoring. Tale pratica, seguita inizialmente dagli Stati Uniti, è stata assecondata da altri Paesi europei, quale l’Italia – seconda solo alla Gran Bretagna per numero di rientri –, luogo in cui si sono avvicinate al fenomeno del reshoring particolari tipologie di aziende che producono alta qualità dedicata a una clientela esigente, rappresentata spesso da stranieri che ricercano il marchio Made in Italy, definito d’eccellenza nell’export internazionale. Secondo un Rapporto di Confindustria (2020), le cause che spingono a ripensare le precedenti scelte organizzative delle attività manifatturiere sono in continua evoluzione, a quelle ormai consolidate e al rientro del “made in”, fra le più recenti e sempre più rilevanti vi è la crescente importanza della sostenibilità ambientale poiché filiere produttive molto lunghe producono impatti negativi sull’ambiente. La diffusione del covid-19 che, secondo Confindustria, agisce in modo positivo nei confronti del reshoring, sia con la possibilità di accrescere il controllo della catena di produzione sia con la possibilità di cogliere opportunità di mercato derivanti dalla creazione di nuova domanda che spingono le aziende verso il paese di origine, non potendo attingere dalle disponibilità dei paesi di delocalizzazione. Una nota della Banca d’Italia (2021), invece, pur considerando che lo shock pandemico ha posto in luce la vulnerabilità di catene di approvvigionamento estese su più paesi, evidenzia come la maggior parte delle imprese “non abbia ancora avviato una strategia per riportare le proprie attività nei paesi di origine”. L’importanza del reshoring del Made in Italy appare di grande importanza per il Paese poiché il brand, che anche durante la crisi economica prepandemica ha svolto un ruolo cruciale nel commercio internazionale contribuendo alla crescita del PIL nazionale, viene indicato quale uno dei settori strategici della ripresa.
2021
978 88 5495 347 5
Il made in Italy. Dall’offshoring al reshoring / Brundu, Brunella; Battino, Silvia. - (2021), pp. 152-152. (Intervento presentato al convegno GEOGRAFIE IN MOVIMENTO / MOVING GEOGRAPHIES).
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