E' noto come l'accumulo dei metalli nel cervello possa portare, o quantomeno contribuire, allo sviluppo di malattie neurodegenerative, attraverso meccanismi che solo ora cominciano a essere lentamente chiariti. La malattia di Parkinson, cosiddetta “idiopatica” in quanto non presenta alcuna causa apparente, è stata messa di recente in correlazione con l'esposizione o l'avvelenamento da manganese. Studi epidemiologici condotti da diverse università degli Stati Uniti hanno evidenziato come gli abitanti in zone urbane con alte concentrazioni di questo metallo avessero una probabilità di sviluppare il Parkinson quasi due volte più alta rispetto agli abitanti in zone meno inquinate, o inquinate da altri metalli (quali ad esempio il rame). Altri studi apparsi di recente in letteratura correlano l'esposizione al manganese con alcune modificazioni di un gene legato alla sinucleina, proteina presente con diverse funzioni in tutte le malattie neurodegenerative. Lo studio è stato effettuato su una proteina di un lievito la YPK9, al 58% simile e al 38% uguale all'analoga umana PARK9, la cui mutazione causa appunto lo sviluppo di una forma ereditaria di Parkinson. Silenziando il gene YPK9 nei lieviti si è notato che in assenza della relativa proteina questi mostravano disturbi nella crescita se sottoposti all'azione di diversi metalli, mentre in presenza del manganese la crescita era particolarmente ridotta. Veniva quindi dimostrata l'azione protettiva della YPK9 nei confronti dei cationi bivalenti, specialmente del manganese. Pare dunque possibile che una modifica sull'analogo umano, il PARK9, sia in grado di inficiare i normali meccanismi con cui il nostro organismo si protegge da ioni metallici dannosi, quali il manganese, e dando il via a una serie di processi che portano allo sviluppo della malattia neurodegenerativa. Abbiamo pertanto voluto verificare l'effettiva propensione di tale proteina a interagire con ioni Mn(II), selezionando sulla sequenza della YPK9 dei frammenti promettenti per il legame con il metallo e investigando la possibilità di una interazione efficace di questi frammenti con diversi cationi bivalenti, tra cui appunto il manganese, ma anche il calcio e lo zinco. I risultati preliminari, ottenuti attraverso alcune tecniche spettroscopiche quali l'NMR mono- e bidimensionale e l'EPR, verranno esposti in questa comunicazione.
Malattie neurodegenerative e metalli: cosa lega la sindrome di Parkinson al manganese / Medici, Serenella; Peana, Massimiliano Francesco; Anedda, R; Solinas, Costantino; Zoroddu, Maria Antonietta. - (2011), pp. 79-79.
Malattie neurodegenerative e metalli: cosa lega la sindrome di Parkinson al manganese
MEDICI, Serenella;PEANA, Massimiliano Francesco;SOLINAS, Costantino;ZORODDU, Maria Antonietta
2011-01-01
Abstract
E' noto come l'accumulo dei metalli nel cervello possa portare, o quantomeno contribuire, allo sviluppo di malattie neurodegenerative, attraverso meccanismi che solo ora cominciano a essere lentamente chiariti. La malattia di Parkinson, cosiddetta “idiopatica” in quanto non presenta alcuna causa apparente, è stata messa di recente in correlazione con l'esposizione o l'avvelenamento da manganese. Studi epidemiologici condotti da diverse università degli Stati Uniti hanno evidenziato come gli abitanti in zone urbane con alte concentrazioni di questo metallo avessero una probabilità di sviluppare il Parkinson quasi due volte più alta rispetto agli abitanti in zone meno inquinate, o inquinate da altri metalli (quali ad esempio il rame). Altri studi apparsi di recente in letteratura correlano l'esposizione al manganese con alcune modificazioni di un gene legato alla sinucleina, proteina presente con diverse funzioni in tutte le malattie neurodegenerative. Lo studio è stato effettuato su una proteina di un lievito la YPK9, al 58% simile e al 38% uguale all'analoga umana PARK9, la cui mutazione causa appunto lo sviluppo di una forma ereditaria di Parkinson. Silenziando il gene YPK9 nei lieviti si è notato che in assenza della relativa proteina questi mostravano disturbi nella crescita se sottoposti all'azione di diversi metalli, mentre in presenza del manganese la crescita era particolarmente ridotta. Veniva quindi dimostrata l'azione protettiva della YPK9 nei confronti dei cationi bivalenti, specialmente del manganese. Pare dunque possibile che una modifica sull'analogo umano, il PARK9, sia in grado di inficiare i normali meccanismi con cui il nostro organismo si protegge da ioni metallici dannosi, quali il manganese, e dando il via a una serie di processi che portano allo sviluppo della malattia neurodegenerativa. Abbiamo pertanto voluto verificare l'effettiva propensione di tale proteina a interagire con ioni Mn(II), selezionando sulla sequenza della YPK9 dei frammenti promettenti per il legame con il metallo e investigando la possibilità di una interazione efficace di questi frammenti con diversi cationi bivalenti, tra cui appunto il manganese, ma anche il calcio e lo zinco. I risultati preliminari, ottenuti attraverso alcune tecniche spettroscopiche quali l'NMR mono- e bidimensionale e l'EPR, verranno esposti in questa comunicazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.