Sa vitta et sa morte, et passione de sanctu Gavinu, Prothu et Januariu è la più antica opera letteraria in lingua sarda fino a oggi ritrovata. Il poemetto, di argomento agiografico, è stato trasmesso attraverso un'edizione a stampa del 1557 conservata in esemplare unico, adespoto, nella Biblioteca dell'Università di Cagliari. L'edizione reca, segnata a penna da mano più recente, l'attribuzione ad Antonio Cano, arcivescovo di Torres: «Auctore Antonio Cano Archiepiscopo Turritano». Conferma autorevole di tale attribuzione risale a Giovanni Francesco Fara (1543-1591), arciprete del capitolo turritano, vescovo di Bosa e padre della storiografia sarda. Sa Vitta è un'edizione a stampa senza note tipografiche e con la sola indicazione nel colophon: «Sanu de sa incarnatione | MDLVII». In base allo studio fatto sul testimone a stampa, la fascicolazione si articola in due quaternioni e un duerno. La posizione della filigrana e dei filoni dice che il formato della cinquecentina è IN-OTTAVO (e non IN-DODICESIMO, come scrisse Pietro Martini). Poiché l'edizione è priva di note tipografiche, si pone il problema della provenienza e dell'individuazione del luogo di stampa. Questa edizione critica, conservativa, corredata di note filologiche e di commento, passa dunque in rassegna alcune delle principali questioni che riguardano il poemetto: l'attribuzione, il luogo di edizione e le caratteristiche della stampa, la ricezione del testo, la contestualizzazione, le fonti del poema e i caratteri mitizzanti della leggenda relativi ai martiri ma, soprattutto, grazie alla presenza di un ricco glossario, il tessuto linguistico e il contingente lessicale dell'opera.
Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu, Prothu et Januariu / Manca, Dino Gesuino. - 1:(2002), pp. 1-345.
Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu, Prothu et Januariu
MANCA, Dino Gesuino
2002-01-01
Abstract
Sa vitta et sa morte, et passione de sanctu Gavinu, Prothu et Januariu è la più antica opera letteraria in lingua sarda fino a oggi ritrovata. Il poemetto, di argomento agiografico, è stato trasmesso attraverso un'edizione a stampa del 1557 conservata in esemplare unico, adespoto, nella Biblioteca dell'Università di Cagliari. L'edizione reca, segnata a penna da mano più recente, l'attribuzione ad Antonio Cano, arcivescovo di Torres: «Auctore Antonio Cano Archiepiscopo Turritano». Conferma autorevole di tale attribuzione risale a Giovanni Francesco Fara (1543-1591), arciprete del capitolo turritano, vescovo di Bosa e padre della storiografia sarda. Sa Vitta è un'edizione a stampa senza note tipografiche e con la sola indicazione nel colophon: «Sanu de sa incarnatione | MDLVII». In base allo studio fatto sul testimone a stampa, la fascicolazione si articola in due quaternioni e un duerno. La posizione della filigrana e dei filoni dice che il formato della cinquecentina è IN-OTTAVO (e non IN-DODICESIMO, come scrisse Pietro Martini). Poiché l'edizione è priva di note tipografiche, si pone il problema della provenienza e dell'individuazione del luogo di stampa. Questa edizione critica, conservativa, corredata di note filologiche e di commento, passa dunque in rassegna alcune delle principali questioni che riguardano il poemetto: l'attribuzione, il luogo di edizione e le caratteristiche della stampa, la ricezione del testo, la contestualizzazione, le fonti del poema e i caratteri mitizzanti della leggenda relativi ai martiri ma, soprattutto, grazie alla presenza di un ricco glossario, il tessuto linguistico e il contingente lessicale dell'opera.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.