È quasi ovvio parlare delle trasformazioni radicali che, insieme con i riferimenti epistemologici e i nuovi modi di organizzarsi delle società, per via di una complessità culturale sempre crescente hanno coinvolto i modelli e le tecniche per la pianificazione, cambiando gli strumenti di investigazione e di intervento e, di conseguenza, le funzioni pratiche della pianificazione. In primo luogo è divenuta meno rilevante, quasi svanendo nell'aria, la distinzione fra strumenti quantitativi e qualitativi; poi si è messo in discussione il carattere procedurale degli approcci, ma soprattutto è cambiato il concetto di previsione, un cambiamento che non è la presa d'atto o l'accettazione dell'impossibilità di costruire futuri desiderati (che sarebbe semplicemente la fine del progetto), ma la consapevolezza della necessità di operare sui futuri possibili e sugli scenari che li descrivono. In sostanza non è mutata la necessità di governare i processi, di utilizzare un piano, di definire vincoli e norme, ma è scomparsa - se mai è esistita - l'idea che ciò possa avvenire per volontà demiurgica del decisore (politico o tecnico è quasi lo stesso) o che esista un "prima" ed un "dopo" chiaramente definiti fra analisi, pianificazione, realizzazione ed implementazione. Gestire queste trasformazioni radicali all'interno di un obiettivo di fondo che garantisca equità, sostenibilità, diritti è il compito e la sfida che dobbiamo affrontare tutti noi che in molti modi ci occupiamo della pianificazione territoriale, ciascuno di noi secondo il proprio punto di vista: la conferenza INPUT 2005 di Alghero a questa sfida è dedicata.
Analisi e modelli per la pianificazione. Teoria e pratica: lo stato dell’arte / Cecchini, Arnaldo; Plaisant, Alessandro. - (2005).
Analisi e modelli per la pianificazione. Teoria e pratica: lo stato dell’arte
CECCHINI, Arnaldo;PLAISANT, Alessandro
2005-01-01
Abstract
È quasi ovvio parlare delle trasformazioni radicali che, insieme con i riferimenti epistemologici e i nuovi modi di organizzarsi delle società, per via di una complessità culturale sempre crescente hanno coinvolto i modelli e le tecniche per la pianificazione, cambiando gli strumenti di investigazione e di intervento e, di conseguenza, le funzioni pratiche della pianificazione. In primo luogo è divenuta meno rilevante, quasi svanendo nell'aria, la distinzione fra strumenti quantitativi e qualitativi; poi si è messo in discussione il carattere procedurale degli approcci, ma soprattutto è cambiato il concetto di previsione, un cambiamento che non è la presa d'atto o l'accettazione dell'impossibilità di costruire futuri desiderati (che sarebbe semplicemente la fine del progetto), ma la consapevolezza della necessità di operare sui futuri possibili e sugli scenari che li descrivono. In sostanza non è mutata la necessità di governare i processi, di utilizzare un piano, di definire vincoli e norme, ma è scomparsa - se mai è esistita - l'idea che ciò possa avvenire per volontà demiurgica del decisore (politico o tecnico è quasi lo stesso) o che esista un "prima" ed un "dopo" chiaramente definiti fra analisi, pianificazione, realizzazione ed implementazione. Gestire queste trasformazioni radicali all'interno di un obiettivo di fondo che garantisca equità, sostenibilità, diritti è il compito e la sfida che dobbiamo affrontare tutti noi che in molti modi ci occupiamo della pianificazione territoriale, ciascuno di noi secondo il proprio punto di vista: la conferenza INPUT 2005 di Alghero a questa sfida è dedicata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.