Il tema dell’astensionismo ormai da tanto, purtroppo, interessa il dibattito di costituzionalisti, politologi, sociologi, politici che da diversi punti di vista si interrogano sul fenomeno dilagante e in continua progressione nelle democrazie stabilizzate dell’astensionismo elettorale. La struttura del volume rispecchia la formula dell’incontro, pensata per mettere a confronto l’approccio tecnico dalla prospettiva del diritto costituzionale e della scienza statistica con l’esperienza di chi vive la politica attivamente, rappresentandoci nel luogo (che dovrebbe essere) la massima sede della decisione politica, il Parlamento. Dal punto di vista del diritto pubblico, italiano e comparato, siamo di fronte a uno dei problemi principali del costituzionalismo contemporaneo, forse il più impegnativo in assoluto: la crisi della democrazia rappresentativa. Il punto di partenza è l’esistenza di una situazione di forte criticità legata a due profili diversi: 1) da una parte il forte e sempre crescente astensionismo, volontario (per protesta o disinteresse); 2) d’altro lato c’è l’esigenza di garantire il diritto di voto e favorire la partecipazione alla vita pubblica del Paese a chi effettivamente fa parte della comunità. Dunque, è doveroso rimuovere gli ostacoli che impediscono a chi ha diritto e vorrebbe votare, di farlo (astensionismo involontario) ripensando magari al modello che oggi consente ai residenti all’estero di esprimersi alle elezioni precludendo la stessa opportunità a chi vive in Italia, ma lontano dal Comune di residenza e non fa parte delle categorie cui è oggi consentita la deroga alla regola rigida del voto tradizionale in sede. Nella democrazia italiana il voto assume le fattezze di un “dovere civico”, non un obbligo vero e proprio perché se così fosse l’astensione non giustificata comporterebbe una sanzione, come accade in Belgio o in Australia per esempio. Si tratta però di un comportamento fortemente raccomandato dall’ordinamento perché sulla partecipazione del popolo alla selezione dei propri rappresentanti si fonda la legittimazione dell’ordinamento istituzionale e del sistema democratico. In realtà il voto è soprattutto un diritto, conquistato con fatica e sangue dalle generazioni che ci hanno preceduto e che hanno lottato per ottenere il potere di contribuire con la propria scelta alla selezione della classe dirigente. Le elezioni, di qualunque ordine e grado, sono il momento di massima espressione del principio democratico e rappresentano la manifestazione plastica del potere che ciascuno ha di influenzare in parte minima ma non ininfluente la qualità e l’indirizzo delle nostre istituzioni. Votando scegliamo chi è chiamato, per un determinato periodo di tempo, a compiere decisioni che hanno un impatto sulla vita di tutti e tutte.
L’astensionismo elettorale come regressione democratica? Problemi e prospettive intorno alla rappresentanza politica / Bassu, C.. - (2025), pp. 1-337.
L’astensionismo elettorale come regressione democratica? Problemi e prospettive intorno alla rappresentanza politica
C. Bassu
2025-01-01
Abstract
Il tema dell’astensionismo ormai da tanto, purtroppo, interessa il dibattito di costituzionalisti, politologi, sociologi, politici che da diversi punti di vista si interrogano sul fenomeno dilagante e in continua progressione nelle democrazie stabilizzate dell’astensionismo elettorale. La struttura del volume rispecchia la formula dell’incontro, pensata per mettere a confronto l’approccio tecnico dalla prospettiva del diritto costituzionale e della scienza statistica con l’esperienza di chi vive la politica attivamente, rappresentandoci nel luogo (che dovrebbe essere) la massima sede della decisione politica, il Parlamento. Dal punto di vista del diritto pubblico, italiano e comparato, siamo di fronte a uno dei problemi principali del costituzionalismo contemporaneo, forse il più impegnativo in assoluto: la crisi della democrazia rappresentativa. Il punto di partenza è l’esistenza di una situazione di forte criticità legata a due profili diversi: 1) da una parte il forte e sempre crescente astensionismo, volontario (per protesta o disinteresse); 2) d’altro lato c’è l’esigenza di garantire il diritto di voto e favorire la partecipazione alla vita pubblica del Paese a chi effettivamente fa parte della comunità. Dunque, è doveroso rimuovere gli ostacoli che impediscono a chi ha diritto e vorrebbe votare, di farlo (astensionismo involontario) ripensando magari al modello che oggi consente ai residenti all’estero di esprimersi alle elezioni precludendo la stessa opportunità a chi vive in Italia, ma lontano dal Comune di residenza e non fa parte delle categorie cui è oggi consentita la deroga alla regola rigida del voto tradizionale in sede. Nella democrazia italiana il voto assume le fattezze di un “dovere civico”, non un obbligo vero e proprio perché se così fosse l’astensione non giustificata comporterebbe una sanzione, come accade in Belgio o in Australia per esempio. Si tratta però di un comportamento fortemente raccomandato dall’ordinamento perché sulla partecipazione del popolo alla selezione dei propri rappresentanti si fonda la legittimazione dell’ordinamento istituzionale e del sistema democratico. In realtà il voto è soprattutto un diritto, conquistato con fatica e sangue dalle generazioni che ci hanno preceduto e che hanno lottato per ottenere il potere di contribuire con la propria scelta alla selezione della classe dirigente. Le elezioni, di qualunque ordine e grado, sono il momento di massima espressione del principio democratico e rappresentano la manifestazione plastica del potere che ciascuno ha di influenzare in parte minima ma non ininfluente la qualità e l’indirizzo delle nostre istituzioni. Votando scegliamo chi è chiamato, per un determinato periodo di tempo, a compiere decisioni che hanno un impatto sulla vita di tutti e tutte.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.