L’esame della disciplina dell’art. 830 c.p.c. concerne la possibilità che su istanza di parte, anche successiva alla proposizione dell’impugnazione, quando ricorrono gravi motivi, la Corte d’appello possa disporre con ordinanza la sospensione dell’efficacia del lodo. A fronte del dato testuale della norma, dal quale può desumersi che la Corte possa disporre la sospensione dell’efficacia del lodo (e non semplicemente la sua esecutività), si è posto il dibattito, tutt’ora aperto, se il rimedio in questione non possa essere utilizzato anche per paralizzare l’efficacia vincolante del lodo e non soltanto la sua esecuzione (ipotesi che si profila nel caso dei c.d. lodi di accertamento e lodi costitutivi, nonché dei lodi non depositati). Per quanto riguarda le specifiche problematiche poste dall’art. 830, ult. c.p.v., si discute se l’istanza di sospensione possa essere proposta successivamente alla sua impugnazione soltanto nel caso in cui il lodo impugnato non sia stato ancóra munito di exequatur. Analogamente, in assenza di una disciplina specifica, resta aperto il dibattito in merito alla possibilità per il giudice, chiamato a decidere dell’impugnazione per nullità del lodo, di subordinare la concessione della misura al versamento di una cauzione, nonché di disporre la sospensione parziale del provvedimento. La forma del provvedimento è l’ordinanza, salva l’ipotesi in cui il provvedimento sia concesso in via provvisoria e d’urgenza, nel qual caso assume la forma del decreto (ai sensi dell’art. 351 c.p.c.). Il silenzio della norma in ordine all’impugnabilità o meno del provvedimento induce a concludere che il provvedimento pronunciato nella forma dell’ordinanza sia soggetto al regime generale della revocabilità e modificabilità di cui all’art. 177 c.p.c. atteso che non sono revocabili e/o modificabili soltanto le ordinanze dichiarate «espressamente» non impugnabili dalla legge. La disciplina dell’arbitrato contenuta nel codice di rito italiano evidenzia una netta distinzione fra l’efficacia vincolante del lodo e la sua efficacia di titolo esecutivo; conseguentemente sono previsti distinti strumenti di controllo per salvaguardare tale efficacia: da un lato l’impugnazione per nullità del lodo, volta a confermare o revocare l’efficacia vincolante dello stesso e, dall’altro, il reclamo davanti alla Corte d’Appello nei confronti del decreto di accoglimento ovvero di diniego dell’exequatur pronunciato dal tribunale. Di qui, in sede applicativa, il problema riguardante il concorso e l’eventuale coordinamento dei differenti rimedi; nonché nella pratica il possibile concorso e conflitto del reclamo avverso l’efficacia di titolo esecutivo del lodo con i generali rimedi concessi alle parti in sede di opposizioni esecutive, infine, gli effetti della sentenza resa in sede di impugnazione del lodo parziale.
La sospensione dell'efficacia esecutiva del lodo / Serra, Maria Luisa. - V:(2021), pp. 659-674.
La sospensione dell'efficacia esecutiva del lodo
SERRA Maria Luisa
2021-01-01
Abstract
L’esame della disciplina dell’art. 830 c.p.c. concerne la possibilità che su istanza di parte, anche successiva alla proposizione dell’impugnazione, quando ricorrono gravi motivi, la Corte d’appello possa disporre con ordinanza la sospensione dell’efficacia del lodo. A fronte del dato testuale della norma, dal quale può desumersi che la Corte possa disporre la sospensione dell’efficacia del lodo (e non semplicemente la sua esecutività), si è posto il dibattito, tutt’ora aperto, se il rimedio in questione non possa essere utilizzato anche per paralizzare l’efficacia vincolante del lodo e non soltanto la sua esecuzione (ipotesi che si profila nel caso dei c.d. lodi di accertamento e lodi costitutivi, nonché dei lodi non depositati). Per quanto riguarda le specifiche problematiche poste dall’art. 830, ult. c.p.v., si discute se l’istanza di sospensione possa essere proposta successivamente alla sua impugnazione soltanto nel caso in cui il lodo impugnato non sia stato ancóra munito di exequatur. Analogamente, in assenza di una disciplina specifica, resta aperto il dibattito in merito alla possibilità per il giudice, chiamato a decidere dell’impugnazione per nullità del lodo, di subordinare la concessione della misura al versamento di una cauzione, nonché di disporre la sospensione parziale del provvedimento. La forma del provvedimento è l’ordinanza, salva l’ipotesi in cui il provvedimento sia concesso in via provvisoria e d’urgenza, nel qual caso assume la forma del decreto (ai sensi dell’art. 351 c.p.c.). Il silenzio della norma in ordine all’impugnabilità o meno del provvedimento induce a concludere che il provvedimento pronunciato nella forma dell’ordinanza sia soggetto al regime generale della revocabilità e modificabilità di cui all’art. 177 c.p.c. atteso che non sono revocabili e/o modificabili soltanto le ordinanze dichiarate «espressamente» non impugnabili dalla legge. La disciplina dell’arbitrato contenuta nel codice di rito italiano evidenzia una netta distinzione fra l’efficacia vincolante del lodo e la sua efficacia di titolo esecutivo; conseguentemente sono previsti distinti strumenti di controllo per salvaguardare tale efficacia: da un lato l’impugnazione per nullità del lodo, volta a confermare o revocare l’efficacia vincolante dello stesso e, dall’altro, il reclamo davanti alla Corte d’Appello nei confronti del decreto di accoglimento ovvero di diniego dell’exequatur pronunciato dal tribunale. Di qui, in sede applicativa, il problema riguardante il concorso e l’eventuale coordinamento dei differenti rimedi; nonché nella pratica il possibile concorso e conflitto del reclamo avverso l’efficacia di titolo esecutivo del lodo con i generali rimedi concessi alle parti in sede di opposizioni esecutive, infine, gli effetti della sentenza resa in sede di impugnazione del lodo parziale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.