L’impatto di Roma sulla Sardinia dopo il 238 a.C. fu tutt’altro che invasivo, all’indomani di una conquista che potremmo definire “casuale” e “non pianificata” dalla classe dirigente dell’Urbe. La struttura sociale, economica, culturale dell’isola non sembra aver avuto particolari alterazioni dal nuovo corso, per quanto non pochi indizi dimostrino un lento ma inesorabile processo di acculturazione sin da questi anni, che coinvolgeva città e campagne e in prevalenza gli imprenditori locali. Non mancano i segni di insofferenza ma questi paiono circoscritti a gruppi limitati, evidentemente danneggiati dalla politica economica del nuovo corso. La situazione cambia profondamente invece dopo la cosiddetta “seconda conquista”, complice anche l’allentarsi dei rapporti con Cartagine. L’isola vede un incremento significativo di imprenditori italici che si insediano nelle città e nelle campagne secondo logiche parzialmente in continuità con l’età punica. Si assiste a una diffusione sempre più capillare di produzioni della penisola (che si affiancano alle tradizionali importazioni dall’Africa e alle produzioni locali), all’introduzione di modelli culturali allogeni, alla nascita di una nuova cultura “sardo-punica-italica” coerente con l’imperante ellenismo mediterraneo. Le evidenze di questa cultura “meticcia”, nata dalla fusione di tradizione ed innovazione, sono testimoniati per esempio nella circolazione di differenti codici scrittori che si influenzano reciprocamente, nella reinterpretazione dei culti del passato e degli spazi ad essi dedicati, nella commistione dei riti funerari anche all’interno di una stessa necropoli, nelle trasformazioni urbanistiche e nell’introduzione di nuove tipologie di edifici che si affiancano a quelle già note, nella diffusione di nuove abitudini sociali che tuttavia si adeguano al contesto nel quale vengono introdotte. Ne emerge un quadro tutt’altro che ideologicamente “resistenziale” e “primitivista”, come prospettato in passato, ma al contrario l’immagine di un mondo dinamico e innovativo pur nel rispetto della tradizione, perfettamente inserito nei flussi economici e culturali che animano il Mediterraneo ma non dimentico delle proprie radici.
Between Carthage and Rome: artisans, businessmen and colonists in Roman Republican Sardinia (150–50 BC) / Ibba, Antonio. - (2022), pp. 203-216.
Between Carthage and Rome: artisans, businessmen and colonists in Roman Republican Sardinia (150–50 BC)
Antonio Ibba
Writing – Original Draft Preparation
2022-01-01
Abstract
L’impatto di Roma sulla Sardinia dopo il 238 a.C. fu tutt’altro che invasivo, all’indomani di una conquista che potremmo definire “casuale” e “non pianificata” dalla classe dirigente dell’Urbe. La struttura sociale, economica, culturale dell’isola non sembra aver avuto particolari alterazioni dal nuovo corso, per quanto non pochi indizi dimostrino un lento ma inesorabile processo di acculturazione sin da questi anni, che coinvolgeva città e campagne e in prevalenza gli imprenditori locali. Non mancano i segni di insofferenza ma questi paiono circoscritti a gruppi limitati, evidentemente danneggiati dalla politica economica del nuovo corso. La situazione cambia profondamente invece dopo la cosiddetta “seconda conquista”, complice anche l’allentarsi dei rapporti con Cartagine. L’isola vede un incremento significativo di imprenditori italici che si insediano nelle città e nelle campagne secondo logiche parzialmente in continuità con l’età punica. Si assiste a una diffusione sempre più capillare di produzioni della penisola (che si affiancano alle tradizionali importazioni dall’Africa e alle produzioni locali), all’introduzione di modelli culturali allogeni, alla nascita di una nuova cultura “sardo-punica-italica” coerente con l’imperante ellenismo mediterraneo. Le evidenze di questa cultura “meticcia”, nata dalla fusione di tradizione ed innovazione, sono testimoniati per esempio nella circolazione di differenti codici scrittori che si influenzano reciprocamente, nella reinterpretazione dei culti del passato e degli spazi ad essi dedicati, nella commistione dei riti funerari anche all’interno di una stessa necropoli, nelle trasformazioni urbanistiche e nell’introduzione di nuove tipologie di edifici che si affiancano a quelle già note, nella diffusione di nuove abitudini sociali che tuttavia si adeguano al contesto nel quale vengono introdotte. Ne emerge un quadro tutt’altro che ideologicamente “resistenziale” e “primitivista”, come prospettato in passato, ma al contrario l’immagine di un mondo dinamico e innovativo pur nel rispetto della tradizione, perfettamente inserito nei flussi economici e culturali che animano il Mediterraneo ma non dimentico delle proprie radici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.