La storia dell’Università di Sassari è per certi versi simile a quella di altri atenei italiani, le cosiddette “università minori” (Siena, Messina, Macerata, Ferrara, Modena e Parma), una storia caratterizzata dalla strutturale mancanza di fondi e dai ricorrenti rischi di soppressione. Di fondazione municipale e gesuitica – nel 1558 grazie al testamento di Alessio Fontana viene istituito il Collegio; nel 1562 iniziano i corsi; nel 1612 una bolla pontificia concede alla Compagnia di Gesù il conferimento dei gradi accademici in Filosofia e Teologia; nel 1617 il Collegio viene trasformato in università di diritto regio solo per le facoltà di Filosofia e Teologia; nel 1632 una carta reale permise la concessione dei gradi in Diritto e Medicina – l’ateneo sassarese venne “restaurato” nel 1765, all’interno del disegno riformatore del governo sabaudo volto all’integrazione politica e alla formazione culturale delle élites dirigenti locali.Sassari, che insieme agli atenei di Cagliari, Torino e Genova, era una delle quattro università del regno sardo-piemontese, rischiò di venire soppressa in occasione del processo di unificazione nazionale: nel 1859 la legge Casati prevedeva espressamente la cancellazione ell’ateneo a favore della sede di Cagliari, che sarebbe rimasta l’unica università della Sardegna. La reazione della comunità locale e dei parlamentari, sardi e non, ottenne, auspice il ministro Pasquale Stanislao Mancini, la sospensione temporanea del provvedimento. Le condizioni per tenere in vita l’ateneo furono però particolarmente pesanti: il comune di Sassari e l’amministrazione provinciale dovettero provvedere al suo mantenimento. Fu sotto l’egida di questa precarietà strutturale che l’università di Sassari “sopravvisse” nell’Italia unita. Né i due “pareggiamenti” del 1877 e del 1902 risolsero la condizione di inferiorità fisiologica, che si sarebbe trascinata ancora per tutta l’età liberale e nella fase iniziale del periodo fascista: non a caso anche il progetto di riforma elaborato dal ministro Giovanni Gentile ne ripropose ancora una volta la soppressione. La minaccia fu definitivamente scongiurata nel 1923, grazie ancora alla mobilitazione delle classi dirigenti locali e del PNF sassarese. Tuttavia dall’inizio del Novecento l’ateneo turritano conobbe una stagione favorevole di sviluppo e di crescita del livello scientifico e didattico.

Introduzione / Mattone, Antonio Vincenzo Peppino. - (2010), pp. 11-12.

Introduzione

Mattone, Antonio Vincenzo Peppino
2010-01-01

Abstract

La storia dell’Università di Sassari è per certi versi simile a quella di altri atenei italiani, le cosiddette “università minori” (Siena, Messina, Macerata, Ferrara, Modena e Parma), una storia caratterizzata dalla strutturale mancanza di fondi e dai ricorrenti rischi di soppressione. Di fondazione municipale e gesuitica – nel 1558 grazie al testamento di Alessio Fontana viene istituito il Collegio; nel 1562 iniziano i corsi; nel 1612 una bolla pontificia concede alla Compagnia di Gesù il conferimento dei gradi accademici in Filosofia e Teologia; nel 1617 il Collegio viene trasformato in università di diritto regio solo per le facoltà di Filosofia e Teologia; nel 1632 una carta reale permise la concessione dei gradi in Diritto e Medicina – l’ateneo sassarese venne “restaurato” nel 1765, all’interno del disegno riformatore del governo sabaudo volto all’integrazione politica e alla formazione culturale delle élites dirigenti locali.Sassari, che insieme agli atenei di Cagliari, Torino e Genova, era una delle quattro università del regno sardo-piemontese, rischiò di venire soppressa in occasione del processo di unificazione nazionale: nel 1859 la legge Casati prevedeva espressamente la cancellazione ell’ateneo a favore della sede di Cagliari, che sarebbe rimasta l’unica università della Sardegna. La reazione della comunità locale e dei parlamentari, sardi e non, ottenne, auspice il ministro Pasquale Stanislao Mancini, la sospensione temporanea del provvedimento. Le condizioni per tenere in vita l’ateneo furono però particolarmente pesanti: il comune di Sassari e l’amministrazione provinciale dovettero provvedere al suo mantenimento. Fu sotto l’egida di questa precarietà strutturale che l’università di Sassari “sopravvisse” nell’Italia unita. Né i due “pareggiamenti” del 1877 e del 1902 risolsero la condizione di inferiorità fisiologica, che si sarebbe trascinata ancora per tutta l’età liberale e nella fase iniziale del periodo fascista: non a caso anche il progetto di riforma elaborato dal ministro Giovanni Gentile ne ripropose ancora una volta la soppressione. La minaccia fu definitivamente scongiurata nel 1923, grazie ancora alla mobilitazione delle classi dirigenti locali e del PNF sassarese. Tuttavia dall’inizio del Novecento l’ateneo turritano conobbe una stagione favorevole di sviluppo e di crescita del livello scientifico e didattico.
2010
978-88-6202-071-8
Introduzione / Mattone, Antonio Vincenzo Peppino. - (2010), pp. 11-12.
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