Dante, dopo aver ripreso quasi alla lettera il De officiis (I 13,41) di Cicerone ("Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria, fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur; utrumque homine alienissimum, sed fraus odio digna maiore"), colloca i fraudolenti nel cerchio più profondo dell'abisso infernale, dove sono posti per essere puniti con peggiori tormenti, perché la frode è una prerogativa (negativa) esclusiva dell'uomo (a differenza della forza, che è propria anche del bruto) in quanto richiede l'uso della ragione (dell'intelligenza) e dunque mortifica la più alta qualità umana rendendola uno strumento di malvagità, convertendola al male, ciò spiacendo pertanto maggiormente a Dio e offendendolo più gravemente. La frode poi (Inf. XI, 52 ss.) è divisa in due specie, di diversa gravità, secondo che sia commessa contro chi non si fida, o contro chi, per vincolo speciale di parentela, patria, amicizia o beneficio dato, naturalmente si fida di colui che lo tradisce. La consapevolezza del male e il coinvolgimento della più specifica e nobile qualità umana, la ragione, sono profili che attraversano la considerazione storica (ed etica) della frode, da Aristotele a Sant'Agostino arrivando poi a noi (tecnicamente) attraverso il Diritto comune, e l'accompagnano in fondo anche nella considerazione odierna. La frode si accompagna all'interazione sociale e dunque si sviluppa in parallelo a essa, risultando ancora più grave quando sfrutta la fiducia e la buona fede (e anche questa è costante storica, filosofica ed etica): questo ne spiega la straordinaria attualità e la elevata frequenza pratica. Tra vecchie e moderne forme di comunicazione la frode, l'inganno, trova di continuo nuovi percorsi e purtroppo sempre più numerose vittime, lucrando sulla debolezza umana. La sempre vivace discussione sulla fattispecie, sul suo contenuto e sui suoi confini, non deve sorprendere: in fondo la truffa, dal punto di vista della maturazione dogmatica, è ritenuto il più giovane tra i reati contro il patrimonio presenti nel nostro sistema penale . Non deve trarre in inganno il richiamo romanistico dello stellionatus, il quale anzi dimostra l'incertezza storica della figura: essa infatti – repressa extra ordinem – aveva un carattere sussidiario, consistendo in qualsiasi comportamento truffaldino che già non rientrasse in una specifica previsione di reato, i cui tratti ricorrenti fossero l'inganno, l'animus lucrandi e il preiudicius alterius . La vaghezza prosegue nel diritto comune, dove la corrispondente fattispecie, il crimen doli (chiamato anche appunto crimen stellionatus), ancora era una fattispecie aperta, per sua natura non definibile a priori, la cui individuazione nel caso concreto e la cui correlativa sanzione erano rimesse alla discrezionalità del giudice . La truffa nella sua conformazione attuale parte dall'elaborazione che ne fece Francesco Carrara, offrendone per la prima volta una sistemazione autonoma e differenziata rispetto alle figure dello stellionato, del furto, dell'appropriazione indebita (allora chiamata truffa) e del falso, tra le quali interagiva confusamente già dai tempi del diritto comune, e fissandone definitivamente l'essenzialità nell'inganno . Sarà poi il codice Zanardelli, con il suo art. 413, a dettarne gli elementi tuttora previsti, separando e distinguendo la truffa da fattispecie vicine: quarant'anni dopo il codice Rocco ne confermerà il testo, limitandosi solo a eliminare l'accenno all'idoneità dell'artifizio o del raggiro a sorprendere l'altrui buona fede. L'origine storica, con la confluenza di fattispecie vicine e di diversi interessi tutelati, si riverbererà sulla complessa offensività, ieri e oggi, della truffa. Lo scopo di questa analisi della fattispecie che il nostro codice penale dedica alla truffa è un approfondimento dei suoi limiti interni ed esterni, in particolare percorrendo la sequenza causale, materiale, psicologica e giuridica, che dalla condotta porta agli eventi, con al centro il fondamentale meccanismo psichico, e con la dovuta attenzione alla prassi, nella quale la truffa vive e (ri)propone problemi vecchi e nuovi.

La sequenza causale nella truffa / Demuro, Giampaolo. - (2022), pp. 1-144.

La sequenza causale nella truffa

giampaolo demuro
2022-01-01

Abstract

Dante, dopo aver ripreso quasi alla lettera il De officiis (I 13,41) di Cicerone ("Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria, fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur; utrumque homine alienissimum, sed fraus odio digna maiore"), colloca i fraudolenti nel cerchio più profondo dell'abisso infernale, dove sono posti per essere puniti con peggiori tormenti, perché la frode è una prerogativa (negativa) esclusiva dell'uomo (a differenza della forza, che è propria anche del bruto) in quanto richiede l'uso della ragione (dell'intelligenza) e dunque mortifica la più alta qualità umana rendendola uno strumento di malvagità, convertendola al male, ciò spiacendo pertanto maggiormente a Dio e offendendolo più gravemente. La frode poi (Inf. XI, 52 ss.) è divisa in due specie, di diversa gravità, secondo che sia commessa contro chi non si fida, o contro chi, per vincolo speciale di parentela, patria, amicizia o beneficio dato, naturalmente si fida di colui che lo tradisce. La consapevolezza del male e il coinvolgimento della più specifica e nobile qualità umana, la ragione, sono profili che attraversano la considerazione storica (ed etica) della frode, da Aristotele a Sant'Agostino arrivando poi a noi (tecnicamente) attraverso il Diritto comune, e l'accompagnano in fondo anche nella considerazione odierna. La frode si accompagna all'interazione sociale e dunque si sviluppa in parallelo a essa, risultando ancora più grave quando sfrutta la fiducia e la buona fede (e anche questa è costante storica, filosofica ed etica): questo ne spiega la straordinaria attualità e la elevata frequenza pratica. Tra vecchie e moderne forme di comunicazione la frode, l'inganno, trova di continuo nuovi percorsi e purtroppo sempre più numerose vittime, lucrando sulla debolezza umana. La sempre vivace discussione sulla fattispecie, sul suo contenuto e sui suoi confini, non deve sorprendere: in fondo la truffa, dal punto di vista della maturazione dogmatica, è ritenuto il più giovane tra i reati contro il patrimonio presenti nel nostro sistema penale . Non deve trarre in inganno il richiamo romanistico dello stellionatus, il quale anzi dimostra l'incertezza storica della figura: essa infatti – repressa extra ordinem – aveva un carattere sussidiario, consistendo in qualsiasi comportamento truffaldino che già non rientrasse in una specifica previsione di reato, i cui tratti ricorrenti fossero l'inganno, l'animus lucrandi e il preiudicius alterius . La vaghezza prosegue nel diritto comune, dove la corrispondente fattispecie, il crimen doli (chiamato anche appunto crimen stellionatus), ancora era una fattispecie aperta, per sua natura non definibile a priori, la cui individuazione nel caso concreto e la cui correlativa sanzione erano rimesse alla discrezionalità del giudice . La truffa nella sua conformazione attuale parte dall'elaborazione che ne fece Francesco Carrara, offrendone per la prima volta una sistemazione autonoma e differenziata rispetto alle figure dello stellionato, del furto, dell'appropriazione indebita (allora chiamata truffa) e del falso, tra le quali interagiva confusamente già dai tempi del diritto comune, e fissandone definitivamente l'essenzialità nell'inganno . Sarà poi il codice Zanardelli, con il suo art. 413, a dettarne gli elementi tuttora previsti, separando e distinguendo la truffa da fattispecie vicine: quarant'anni dopo il codice Rocco ne confermerà il testo, limitandosi solo a eliminare l'accenno all'idoneità dell'artifizio o del raggiro a sorprendere l'altrui buona fede. L'origine storica, con la confluenza di fattispecie vicine e di diversi interessi tutelati, si riverbererà sulla complessa offensività, ieri e oggi, della truffa. Lo scopo di questa analisi della fattispecie che il nostro codice penale dedica alla truffa è un approfondimento dei suoi limiti interni ed esterni, in particolare percorrendo la sequenza causale, materiale, psicologica e giuridica, che dalla condotta porta agli eventi, con al centro il fondamentale meccanismo psichico, e con la dovuta attenzione alla prassi, nella quale la truffa vive e (ri)propone problemi vecchi e nuovi.
2022
9788892142657
La sequenza causale nella truffa / Demuro, Giampaolo. - (2022), pp. 1-144.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11388/254800
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