Il saggio, a partire dall’analisi degli effetti indotti dal processo di urbanizzazione planetaria che ha segmentato, producendo uno scollamento fra aree interne e aree costiere, la bioregione della Gallura, intende proporre, facendosi guidare da alcuni lampi di luce, delineati da piccole sperimentazioni in atto, una contro-geografia urbana che ritrova nel vuoto ed in particolare nella montagna del Limbara, il luogo sacro di una inedita città-natura attraverso cui ritessere i brandelli e i frammenti prodotti dai processi di destrutturazione in atto. La contemporaneità di una inedita forma urbana in cui i vuoti, densi di natura e di storia, diventano il cuore pulsante di una urbanità, espressione di un altro modello di sviluppo in cui anche il silenzio possa essere finalmente ascoltato, viene sostenuta, proponendo un ribaltamento dello sguardo. Il saggio, infatti, anziché concentrasi sulle luci della città costiera, propone di sostare di fronte al buio che caratterizza le aree interne. In queste aree, infatti, se saputi scorgere, baluginii, barlumi, lucciole, dirette verso di noi, ci interpellano, offrendoci segnali rivelatori di virtualità latenti che potrebbero aiutarci a nutrire il nostro presente. Piccoli segnali ci indicano che c’è una umanità in cantiere che, nell’appropriarsi in maniere inedite di queste terre, prova a sperimentare embrioni di altre forme di urbanità, in cui dare spazio ad altre più profonde dimensioni dell’umano e a nuove forme di coappartenenza fra uomo e natura. E se questi bagliori fossero delle profezie? Previsioni sulla storia in divenire? Nell’ utilizzare lo sguardo mobile e itinerante del viaggiatore che si immerge nelle pieghe del territorio, uno sguardo ampiamente sperimentato nella storiografia e nella psicoanalisi, attento ai dati marginali, ai dettagli minimi come rivelatori di una realtà più ampia, si intende far emergere la preziosa contemporaneità di queste aree scartate dai processi di urbanizzazione in atto. Con l’intento di far emergere come queste “terre scartate” possano diventare, se sapute riconoscere e inserite all’interno di un nuovo sistema di relazioni, “pietre angolari” da cui partire per immaginare una nuova forma di città natura in cui ristabilire un nuovo sentimento di coappartenenza tra uomo e ambiente e sviluppare anticorpi rispetto ai condizionamenti a cui ci espone continuamente l’ambiente tecnicizzato e mediatizzato
Cercatori di perle: costruire una contro geografia urbana a partire dalle lucciole che illuminano il buio dei territori. Il caso della Gallura / Decandia, Lidia; Lutzoni, Leonardo. - (2019), pp. 1-5. (Intervento presentato al convegno Atti della XXI Conferenza Nazionale SIU. Confini, movimenti, luoghi. Politiche e progetti per città e territori in transizione, Firenze, 7-8 giugno 2018 tenutosi a Firenze nel 7-8 giugno 2018).
Cercatori di perle: costruire una contro geografia urbana a partire dalle lucciole che illuminano il buio dei territori. Il caso della Gallura
Decandia, Lidia
;Lutzoni, Leonardo
2019-01-01
Abstract
Il saggio, a partire dall’analisi degli effetti indotti dal processo di urbanizzazione planetaria che ha segmentato, producendo uno scollamento fra aree interne e aree costiere, la bioregione della Gallura, intende proporre, facendosi guidare da alcuni lampi di luce, delineati da piccole sperimentazioni in atto, una contro-geografia urbana che ritrova nel vuoto ed in particolare nella montagna del Limbara, il luogo sacro di una inedita città-natura attraverso cui ritessere i brandelli e i frammenti prodotti dai processi di destrutturazione in atto. La contemporaneità di una inedita forma urbana in cui i vuoti, densi di natura e di storia, diventano il cuore pulsante di una urbanità, espressione di un altro modello di sviluppo in cui anche il silenzio possa essere finalmente ascoltato, viene sostenuta, proponendo un ribaltamento dello sguardo. Il saggio, infatti, anziché concentrasi sulle luci della città costiera, propone di sostare di fronte al buio che caratterizza le aree interne. In queste aree, infatti, se saputi scorgere, baluginii, barlumi, lucciole, dirette verso di noi, ci interpellano, offrendoci segnali rivelatori di virtualità latenti che potrebbero aiutarci a nutrire il nostro presente. Piccoli segnali ci indicano che c’è una umanità in cantiere che, nell’appropriarsi in maniere inedite di queste terre, prova a sperimentare embrioni di altre forme di urbanità, in cui dare spazio ad altre più profonde dimensioni dell’umano e a nuove forme di coappartenenza fra uomo e natura. E se questi bagliori fossero delle profezie? Previsioni sulla storia in divenire? Nell’ utilizzare lo sguardo mobile e itinerante del viaggiatore che si immerge nelle pieghe del territorio, uno sguardo ampiamente sperimentato nella storiografia e nella psicoanalisi, attento ai dati marginali, ai dettagli minimi come rivelatori di una realtà più ampia, si intende far emergere la preziosa contemporaneità di queste aree scartate dai processi di urbanizzazione in atto. Con l’intento di far emergere come queste “terre scartate” possano diventare, se sapute riconoscere e inserite all’interno di un nuovo sistema di relazioni, “pietre angolari” da cui partire per immaginare una nuova forma di città natura in cui ristabilire un nuovo sentimento di coappartenenza tra uomo e ambiente e sviluppare anticorpi rispetto ai condizionamenti a cui ci espone continuamente l’ambiente tecnicizzato e mediatizzatoI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.