Bosa, allo sguardo del viaggiatore che l’abbia infine raggiunta percorrendo le tortuose vie dell’interno oppure la vertiginosa strada che corre a precipizio sul mare, si manifesta d’improvviso, come una enigmatica apparizione: si offre e si nega allo stesso tempo, leggiadra e distante, invitante e remota. Bosa è un luogo ossimorico, di perturbante bellezza. Scenografia metafisica in cui il Castello arroccato, i colori del borgo, le dimore patrizie, il fiume che procede vasto e lento verso il mare, sembrano un miraggio fatto d’aria e di luce, la città è come sospesa nel riverbero del cielo abbagliante dove silenziosi i grifoni, altissimi, si inebriano di vento. Bosa, pur così viva nel suo presente, è come segretamente assorta nel ricordo del suo passato, e tutto, anche i suoi antichi fantasmi, le sue storie cruente e gloriose, accoglie, trattiene, e custodisce in sé. E quando accade che il viaggiatore sia un “viandante della parola”, un poeta visionario come Bernardo De Muro, Bosa risplende, nel suo dire, così come era apparsa un tempo al suo “sguardo di adolescente” , come un “trionfante scenario” nel “silenzio che la circonda”. Un dire che è un canto. Sprigiona la sua essenza nell’hic et nunc del suo dispiegarsi come onda sonora nell’aria, nel suo fuggevole eppur memorabile essere in atto, nel suo effimero ma necessario divenire. I versi del viandante sono voce e suono, sono musica e ritmo. Il canto è polifonico e si dispiega con l’avvicendarsi di coloriture diverse (“se tu fossi musica, saresti il perfetto / poema sinfonico ora dalle tinte morbide /ora dagli accesi piani sonori”): l’Elogio di Bosa è un intreccio armonico di momenti lirici, epici, elegiaci, di citazioni erudite e slanci del poetare in limba (“all’Olimpo mancava il tuo nome”), di punte satiriche e tenerezze sognanti. Continuamente vi irrompe il passato, si ammanta di ineffabile bellezza e assume la forma auratica del mito.

Prologo all'Elogio di Bosa / Cherchi, Gavina Luigia Giuseppina. - (2015), pp. 13-21.

Prologo all'Elogio di Bosa

CHERCHI, Gavina Luigia Giuseppina
2015-01-01

Abstract

Bosa, allo sguardo del viaggiatore che l’abbia infine raggiunta percorrendo le tortuose vie dell’interno oppure la vertiginosa strada che corre a precipizio sul mare, si manifesta d’improvviso, come una enigmatica apparizione: si offre e si nega allo stesso tempo, leggiadra e distante, invitante e remota. Bosa è un luogo ossimorico, di perturbante bellezza. Scenografia metafisica in cui il Castello arroccato, i colori del borgo, le dimore patrizie, il fiume che procede vasto e lento verso il mare, sembrano un miraggio fatto d’aria e di luce, la città è come sospesa nel riverbero del cielo abbagliante dove silenziosi i grifoni, altissimi, si inebriano di vento. Bosa, pur così viva nel suo presente, è come segretamente assorta nel ricordo del suo passato, e tutto, anche i suoi antichi fantasmi, le sue storie cruente e gloriose, accoglie, trattiene, e custodisce in sé. E quando accade che il viaggiatore sia un “viandante della parola”, un poeta visionario come Bernardo De Muro, Bosa risplende, nel suo dire, così come era apparsa un tempo al suo “sguardo di adolescente” , come un “trionfante scenario” nel “silenzio che la circonda”. Un dire che è un canto. Sprigiona la sua essenza nell’hic et nunc del suo dispiegarsi come onda sonora nell’aria, nel suo fuggevole eppur memorabile essere in atto, nel suo effimero ma necessario divenire. I versi del viandante sono voce e suono, sono musica e ritmo. Il canto è polifonico e si dispiega con l’avvicendarsi di coloriture diverse (“se tu fossi musica, saresti il perfetto / poema sinfonico ora dalle tinte morbide /ora dagli accesi piani sonori”): l’Elogio di Bosa è un intreccio armonico di momenti lirici, epici, elegiaci, di citazioni erudite e slanci del poetare in limba (“all’Olimpo mancava il tuo nome”), di punte satiriche e tenerezze sognanti. Continuamente vi irrompe il passato, si ammanta di ineffabile bellezza e assume la forma auratica del mito.
2015
978-88-7138-833-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11388/176676
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