Ancora oggi, spesso, i centri storici sono territori marginali, che sopravvivono con grande difficoltà al margine dello sviluppo economico e culturale. Sono spesso territori “dimenticati”, considerati di secondo ordine rispetto ad altri luoghi centrali dell’urbano. Eppure per questi luoghi esiste una prospettiva urbana, una possibilità di riscatto pur non essendo al “centro”, che risiede proprio nei caratteri e negli aspetti che qualificano e descrivono le situazioni di marginalità. La marginalità di fatto è una condizione ambigua: l’ambiguità in questo senso rappresenta una risorsa. Se da un lato infatti al margine e quindi alla marginalità sono associate significati e interpretazioni negative, dall’altro è proprio perché non si è al centro che si può sperimentare e osare qualcosa di diverso e alternativo. Paradossalmente, la distanza dalle spinte, dalle pressioni e dai conflitti che interessano i luoghi centrali, l’assenza del “rumore” determinato dall’eccesso e dalla ridondanza che si ritrova nella centralità, la libertà derivante dalla mancanza dei vincoli, della rigidità e della formalità che invece regolano gli usi e le trasformazioni degli spazi urbani consolidati, sono tutti aspetti che rappresentano la ricchezza e la risorsa rilevante delle situazioni marginali. L’ambiguità e le potenzialità legate al fatto di essere al margine, consente di delineare strategie di intervento alternative rispetto a quelle più diffuse e antagoniste tra loro che, estremizzando, possono essere quella della “spettacolarizzazione” dei centri storici e dei suoi spazi urbani che poi innescano anche processi di gentrification e quella della cristallizzazione e imbalsamazione legata spesso ad interventi conservativi rigorosissimi sotto il profilo filologico. Entrambe queste strategie non favoriscono però la vivibilità autentica da parte degli abitanti soprattutto di quelli “storici”, generano spesso spazi estranei o da contemplare a distanza, bellissimi ma privi di quel valore, significato senso di attaccamento che solo l’uso quotidiano può dare per renderli veri spazi vissuti. Tentando strategie alternative, in qualche modo intermedie rispetto alle precedenti, la condizione di marginalità, di dismissione, di assenza di funzioni e usi ufficiali, si può favorire la sperimentazione, la creazione di nuovi modi di abitare/riabitare gli spazi urbani, si può accogliere la sfida che la crisi ambientale ci ha lanciato nel ripensare i nostri stili di vita che, ulteriormente sollecitati dalla crisi economica e sociale, si orientano verso la frugalità, la semplicità e la moderazione e la sostenibilità. Alcuni esempi progettuali riferiti sia alla realtà sarda sia ad altre realtà nazionali o internazionali mostreranno come gli spazi marginali dei centri storici, quasi i margini nel margine, possano rappresentare laboratori di cambiamento, di rinegoziazione identitaria e di empowerment, in cui la creatività svolge un ruolo fondamentale perché spazi che hanno un potenziale per dare origine a forme dell’abitare radicalmente nuove. O ancora come la condizione di marginalità renda gli spazi marginali e gli edifici abbandonati dei centri storici, fertile terreno di sperimentazione di nuovi stili di vita, di nuove modelli di socialità urbana, di forme di appropriazione spontanea dello spazio, di creazione di nuovi modi di riabitare favorendo le relazioni della città storica con la città nuova e con il proprio territorio esterno. Si possono così delineare attività sperimentali, non meramente conservative, per “interconnettere organicamente le azioni volte al recupero e riuso del patrimonio edilizio con la risignificazione e il riuso dei “vuoti” dei centri storici. In questi contesti è possibile riportare alla luce un sapere contestuale, tradizionalmente considerato irrilevante rispetto a quello tecnico, prodotto dagli abitanti nel tempo, o utilizzare quello diverso e sconosciuto dei “nuovi” abitanti che i processi di immigrazione e di gentrification introducono nei centri storici. Gli interventi progettuali, siano essi sul patrimonio edilizio in senso stretto che sullo spazio urbano, pubblico o privato, non sono quindi solo lo strumento con il quale riordinare lo spazio e definire quadri di compatibilità tra interventi ma sperimentare pratiche collaborative attraverso le quali favorire la continuità d’uso delle risorse culturali e ambientali dei centri storici, rafforzare identità e appartenenza degli abitanti, favorire l’integrazione sociale e culturale per nuovi soggetti collettivi, renderli, ancora e sempre, spazi vissuti e perciò curati e rispettati.

Spazio urbano e centri storici: gli spazi marginali come spazi di sperimentazione progettuale collettiva / Pittaluga, Paola. - (2012), pp. 77-80. (Intervento presentato al convegno Lo spazio urbano e l'architettura nella riqualificazione dei centri storici).

Spazio urbano e centri storici: gli spazi marginali come spazi di sperimentazione progettuale collettiva

PITTALUGA, Paola
2012-01-01

Abstract

Ancora oggi, spesso, i centri storici sono territori marginali, che sopravvivono con grande difficoltà al margine dello sviluppo economico e culturale. Sono spesso territori “dimenticati”, considerati di secondo ordine rispetto ad altri luoghi centrali dell’urbano. Eppure per questi luoghi esiste una prospettiva urbana, una possibilità di riscatto pur non essendo al “centro”, che risiede proprio nei caratteri e negli aspetti che qualificano e descrivono le situazioni di marginalità. La marginalità di fatto è una condizione ambigua: l’ambiguità in questo senso rappresenta una risorsa. Se da un lato infatti al margine e quindi alla marginalità sono associate significati e interpretazioni negative, dall’altro è proprio perché non si è al centro che si può sperimentare e osare qualcosa di diverso e alternativo. Paradossalmente, la distanza dalle spinte, dalle pressioni e dai conflitti che interessano i luoghi centrali, l’assenza del “rumore” determinato dall’eccesso e dalla ridondanza che si ritrova nella centralità, la libertà derivante dalla mancanza dei vincoli, della rigidità e della formalità che invece regolano gli usi e le trasformazioni degli spazi urbani consolidati, sono tutti aspetti che rappresentano la ricchezza e la risorsa rilevante delle situazioni marginali. L’ambiguità e le potenzialità legate al fatto di essere al margine, consente di delineare strategie di intervento alternative rispetto a quelle più diffuse e antagoniste tra loro che, estremizzando, possono essere quella della “spettacolarizzazione” dei centri storici e dei suoi spazi urbani che poi innescano anche processi di gentrification e quella della cristallizzazione e imbalsamazione legata spesso ad interventi conservativi rigorosissimi sotto il profilo filologico. Entrambe queste strategie non favoriscono però la vivibilità autentica da parte degli abitanti soprattutto di quelli “storici”, generano spesso spazi estranei o da contemplare a distanza, bellissimi ma privi di quel valore, significato senso di attaccamento che solo l’uso quotidiano può dare per renderli veri spazi vissuti. Tentando strategie alternative, in qualche modo intermedie rispetto alle precedenti, la condizione di marginalità, di dismissione, di assenza di funzioni e usi ufficiali, si può favorire la sperimentazione, la creazione di nuovi modi di abitare/riabitare gli spazi urbani, si può accogliere la sfida che la crisi ambientale ci ha lanciato nel ripensare i nostri stili di vita che, ulteriormente sollecitati dalla crisi economica e sociale, si orientano verso la frugalità, la semplicità e la moderazione e la sostenibilità. Alcuni esempi progettuali riferiti sia alla realtà sarda sia ad altre realtà nazionali o internazionali mostreranno come gli spazi marginali dei centri storici, quasi i margini nel margine, possano rappresentare laboratori di cambiamento, di rinegoziazione identitaria e di empowerment, in cui la creatività svolge un ruolo fondamentale perché spazi che hanno un potenziale per dare origine a forme dell’abitare radicalmente nuove. O ancora come la condizione di marginalità renda gli spazi marginali e gli edifici abbandonati dei centri storici, fertile terreno di sperimentazione di nuovi stili di vita, di nuove modelli di socialità urbana, di forme di appropriazione spontanea dello spazio, di creazione di nuovi modi di riabitare favorendo le relazioni della città storica con la città nuova e con il proprio territorio esterno. Si possono così delineare attività sperimentali, non meramente conservative, per “interconnettere organicamente le azioni volte al recupero e riuso del patrimonio edilizio con la risignificazione e il riuso dei “vuoti” dei centri storici. In questi contesti è possibile riportare alla luce un sapere contestuale, tradizionalmente considerato irrilevante rispetto a quello tecnico, prodotto dagli abitanti nel tempo, o utilizzare quello diverso e sconosciuto dei “nuovi” abitanti che i processi di immigrazione e di gentrification introducono nei centri storici. Gli interventi progettuali, siano essi sul patrimonio edilizio in senso stretto che sullo spazio urbano, pubblico o privato, non sono quindi solo lo strumento con il quale riordinare lo spazio e definire quadri di compatibilità tra interventi ma sperimentare pratiche collaborative attraverso le quali favorire la continuità d’uso delle risorse culturali e ambientali dei centri storici, rafforzare identità e appartenenza degli abitanti, favorire l’integrazione sociale e culturale per nuovi soggetti collettivi, renderli, ancora e sempre, spazi vissuti e perciò curati e rispettati.
2012
978-88-903492-8-7
Spazio urbano e centri storici: gli spazi marginali come spazi di sperimentazione progettuale collettiva / Pittaluga, Paola. - (2012), pp. 77-80. (Intervento presentato al convegno Lo spazio urbano e l'architettura nella riqualificazione dei centri storici).
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