Per molti, troppi, anni la cura dei centri “storici” in Italia è stata intesa solo come conservazione di uno status quo. Una legislazione di tutela che, a partire dal 1939, ha imposto uno sguardo concentrato sulla singola testimonianza, il falso mantenimento “di facciata” dell’edificato storico (nel frattempo internamente sventrato da devastanti modifiche del tessuto sociale che l’abitava) e un’attenzione, eccessiva quanto inutile, per una documentazione sempre più dettagliata degli oggetti santificati dal loro status monumentale, hanno prodotto la situazione che, oggi, è sotto i nostri occhi. Si cerca, perciò, di mettere a fuoco le ragioni di un evidente fallimento, ovviamente dal punto di vista (non esente da responsabilità) della storia. Si esaminano le cause per ribadirne gli effetti, senza per questo venir meno ad un mandato - soprattutto culturale - che impone la tutela, ma al di là di una specifica Legge e a prescindere dalla retorica del rudere o del cosiddetto “uso pubblico della Storia”. Il richiamo al tema della storicità dei luoghi, ma di tutti i luoghi senza gerarchie né graduatorie, conferma la possibilità (difficile quanto si vuole, ma non di meno strenuamente perseguibile) che il futuro delle nostre città dipenda dal riconoscimento della pari dignità di ogni luogo da parte di un Progetto coraggioso e attento, più che pedestremente rispettoso.
Quale storia per i centri storici / Azzena, Giovanni Antonio Maria. - (2010), pp. 91-102.
Quale storia per i centri storici
AZZENA, Giovanni Antonio Maria
2010-01-01
Abstract
Per molti, troppi, anni la cura dei centri “storici” in Italia è stata intesa solo come conservazione di uno status quo. Una legislazione di tutela che, a partire dal 1939, ha imposto uno sguardo concentrato sulla singola testimonianza, il falso mantenimento “di facciata” dell’edificato storico (nel frattempo internamente sventrato da devastanti modifiche del tessuto sociale che l’abitava) e un’attenzione, eccessiva quanto inutile, per una documentazione sempre più dettagliata degli oggetti santificati dal loro status monumentale, hanno prodotto la situazione che, oggi, è sotto i nostri occhi. Si cerca, perciò, di mettere a fuoco le ragioni di un evidente fallimento, ovviamente dal punto di vista (non esente da responsabilità) della storia. Si esaminano le cause per ribadirne gli effetti, senza per questo venir meno ad un mandato - soprattutto culturale - che impone la tutela, ma al di là di una specifica Legge e a prescindere dalla retorica del rudere o del cosiddetto “uso pubblico della Storia”. Il richiamo al tema della storicità dei luoghi, ma di tutti i luoghi senza gerarchie né graduatorie, conferma la possibilità (difficile quanto si vuole, ma non di meno strenuamente perseguibile) che il futuro delle nostre città dipenda dal riconoscimento della pari dignità di ogni luogo da parte di un Progetto coraggioso e attento, più che pedestremente rispettoso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.