Gli adolescenti trascorrono molto del loro tempo a curare il proprio corpo non solo per abbellirlo e per conformarlo ai trend della moda ma soprattutto per raccontare attraverso il corpo una possibile rappresentazione di se stessi. Alle prese con il principale compito evolutivo che è la costruzione dell’identità, avviano una serie di sperimentazioni funzionali a comprendersi ma anche ad entrare in relazione con gli altri per suscitare gradimento e accettazione. Il corpo è dunque considerato come “un ponte” tra il sé e il contesto, una sorta di “lavagna” su cui scrivere di sé per rileggersi e per essere letti. Queste attività accomunano tutti gli adolescenti ma per alcuni di loro risulta particolarmente difficile trovare un modo coerente per rappresentarsi e per intraprendere il debutto sociale, perciò dalle manipolazioni di un corpo ritenuto “amico” passano agli attacchi di un corpo “nemico”, poiché non risponde alle attese, non cambia con la crescita nel modo sperato, non piace agli altri, e quindi è la prevalente fonte di angoscia. Quando ciò avviene molti adolescenti pongono in essere condotte bizzarre e pericolose, apparentemente incomprensibili agli occhi degli adulti, condotte che spesso attentano all’incolumità fisica fino a comprometterla gravemente. Accade pertanto che aggrediscano il corpo con digiuni o abbuffate, con piercing e tatuaggi dolorosi, attraverso “giochi pericolosi” come il parkour, il binge drinking, il planking, ecc. mirati a scoprire il limite fino al quale il corpo si può spingere e può reggere la sfida. Oppure si ritirano da tutte le relazioni sociali in un esilio volontario ed esclusivo che può durare anni (gli Hikikomori) o arrivano all’autolesionismo continuato come gli EMO. In particolare, proprio in relazione alle condotte auto-lesionistiche il testo riporta una ricerca condotta con due gruppi di ragazzi EMO, non solo per dar voce al loro dolore ma per comprenderne il senso che gli attribuiscono e soprattutto per aiutare gli adulti che li circondano a comprenderli e ad aiutarli. Il testo vuole quindi descrivere alcune modalità di cura, manipolazione e attacco al corpo attivate dagli adolescenti ma anche raccontare, attraverso le vicende dei ragazzi EMO, quanto dolore possa esserci dietro i comportamenti autolesivi. L’obiettivo è comprendere maggiormente questi adolescenti ma anche offrire qualche spunto per una riflessione educativa agli adulti che li circondano per aiutarli ad essere educatori maggiormente consapevoli, efficaci e significati. Adulti capaci di guida e accompagnamento educativo, in grado di far scoprire a ciascun adolescente “la grande bellezza” che ciascuno di essi racchiude in sé.

Introduzione / Pruneri, Fabio. - (2015), pp. 9-12.

Introduzione

PRUNERI, Fabio
2015-01-01

Abstract

Gli adolescenti trascorrono molto del loro tempo a curare il proprio corpo non solo per abbellirlo e per conformarlo ai trend della moda ma soprattutto per raccontare attraverso il corpo una possibile rappresentazione di se stessi. Alle prese con il principale compito evolutivo che è la costruzione dell’identità, avviano una serie di sperimentazioni funzionali a comprendersi ma anche ad entrare in relazione con gli altri per suscitare gradimento e accettazione. Il corpo è dunque considerato come “un ponte” tra il sé e il contesto, una sorta di “lavagna” su cui scrivere di sé per rileggersi e per essere letti. Queste attività accomunano tutti gli adolescenti ma per alcuni di loro risulta particolarmente difficile trovare un modo coerente per rappresentarsi e per intraprendere il debutto sociale, perciò dalle manipolazioni di un corpo ritenuto “amico” passano agli attacchi di un corpo “nemico”, poiché non risponde alle attese, non cambia con la crescita nel modo sperato, non piace agli altri, e quindi è la prevalente fonte di angoscia. Quando ciò avviene molti adolescenti pongono in essere condotte bizzarre e pericolose, apparentemente incomprensibili agli occhi degli adulti, condotte che spesso attentano all’incolumità fisica fino a comprometterla gravemente. Accade pertanto che aggrediscano il corpo con digiuni o abbuffate, con piercing e tatuaggi dolorosi, attraverso “giochi pericolosi” come il parkour, il binge drinking, il planking, ecc. mirati a scoprire il limite fino al quale il corpo si può spingere e può reggere la sfida. Oppure si ritirano da tutte le relazioni sociali in un esilio volontario ed esclusivo che può durare anni (gli Hikikomori) o arrivano all’autolesionismo continuato come gli EMO. In particolare, proprio in relazione alle condotte auto-lesionistiche il testo riporta una ricerca condotta con due gruppi di ragazzi EMO, non solo per dar voce al loro dolore ma per comprenderne il senso che gli attribuiscono e soprattutto per aiutare gli adulti che li circondano a comprenderli e ad aiutarli. Il testo vuole quindi descrivere alcune modalità di cura, manipolazione e attacco al corpo attivate dagli adolescenti ma anche raccontare, attraverso le vicende dei ragazzi EMO, quanto dolore possa esserci dietro i comportamenti autolesivi. L’obiettivo è comprendere maggiormente questi adolescenti ma anche offrire qualche spunto per una riflessione educativa agli adulti che li circondano per aiutarli ad essere educatori maggiormente consapevoli, efficaci e significati. Adulti capaci di guida e accompagnamento educativo, in grado di far scoprire a ciascun adolescente “la grande bellezza” che ciascuno di essi racchiude in sé.
2015
978-88-6760-333-6
Introduzione / Pruneri, Fabio. - (2015), pp. 9-12.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11388/68247
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