The essay reflects on the significance of a writer such as Sara Copio Sullam in relation to gradually more extensive and complex contexts: early–seventeenth–century Venice, the contemporary Italian literary «milieu», and the extent and quality of its survival in later periods, with their increasing variety of voices and opinions, first lined up in opposing factions of detractors and supporters, and then brought together under the «tópos» of the «femme savante». Throughout her literary career, her main activity was that of cultivating poetry in the Italian language, after the example of another fundamental exponent of intercultural and inter–religious dialogue in early–seventeenth–century Venice, the Rabbi Leon Modena. In accordance with her natural attitude of dialogue with what was other then herself, whether religiously, culturally or humanly, Sara’s most frequent correspondent was a Catholic man of letters with a “restrained baroque” poetics, the Genoese Ansaldo Cebà, whose correspondence with her can only in part be reconstructed from the «Lettere […] scritte a Sarra Copia», and those written by the author to other recipients (both sets collected and printed in 1623). Involved despite herself in a theological controversy on the immortality of the soul with the priest Baldassare Bonifacio, and in a moralistic–literary controversy with her tutor Numidio Paluzzi and the painter Alessandro Berardelli, Sara responded both in verse and prose, denying the accusation that she was not the author of her own writings, an accusation that was also levelled at her as a critic. The essay is followed by an Appendix containing extracts from Bonifacio’s «Risposta» to Sara’s «Manifesto» (both works published in 1621), with notes and commentary.

Il saggio si propone di ragionare sul significato che la figura di una scrittrice quale Sara Copio Sullam viene ad assumere in relazione a panorami sempre più ampî ed articolati: la Venezia del primo Seicento, il contemporaneo «milieu» letterario italiano, la misura e la qualità della sopravvivenza di essa nelle età successive, in cui si moltiplicano le voci e le opinioni, prima schierate nelle opposte fazioni dei detrattori e dei sostenitori, quindi ricomposte sotto la topica insegna della «femme savante». Ripercorrendo le fasi ed i momenti della sua attività letteraria, la si trova innanzi tutto coltivare la poesia in lingua italiana, secondo l’esempio dell’altro fondamentale esponente del dialogo interculturale ed interreligioso nella Venezia del primo Seicento, il rabbino Leon Modena. Seguendo la naturale attitudine ad un dialogo con l’altro da sé, in senso religioso, culturale, umano, Sara elegge quale destinatario privilegiato un letterato cattolico dalla poetica «moderato–barocca», il genovese Ansaldo Cebà, con cui intesse una corrispondenza che possiamo ricostruire soltanto a partire dalle «Lettere […] scritte a Sarra Copia», e da quelle rivolte dall’autore ad altri destinatarî (raccolte entrambe stampate nel 1623). Coinvolta suo malgrado in una polemica teologica sull’immortalità dell’anima con l’ecclesiastico Baldassare Bonifacio; ed in un’altra moralistico–letteraria con il suo precettore Numidio Paluzzi e con il pittore Alessandro Berardelli, Sara risponde sul duplice piano trattatistico e poetico, smentendo le accuse rivoltele di non essere l’autrice dei proprî scritti, accuse che accompagnano anche la sua (s)fortuna critica. Al saggio fa séguito un’Appendice riportante alcuni brani della «Risposta» del Bonifacio al «Manifesto» di Sara (opere ambedue edite nel 1621), annotati e commentati.

Una figura del dialogo interculturale nella Venezia primosecentesca: la «bella Hebrea» Sara Copio Sullam / Sarnelli, Mauro. - (2012), pp. 213-259.

Una figura del dialogo interculturale nella Venezia primosecentesca: la «bella Hebrea» Sara Copio Sullam

SARNELLI, Mauro
2012-01-01

Abstract

The essay reflects on the significance of a writer such as Sara Copio Sullam in relation to gradually more extensive and complex contexts: early–seventeenth–century Venice, the contemporary Italian literary «milieu», and the extent and quality of its survival in later periods, with their increasing variety of voices and opinions, first lined up in opposing factions of detractors and supporters, and then brought together under the «tópos» of the «femme savante». Throughout her literary career, her main activity was that of cultivating poetry in the Italian language, after the example of another fundamental exponent of intercultural and inter–religious dialogue in early–seventeenth–century Venice, the Rabbi Leon Modena. In accordance with her natural attitude of dialogue with what was other then herself, whether religiously, culturally or humanly, Sara’s most frequent correspondent was a Catholic man of letters with a “restrained baroque” poetics, the Genoese Ansaldo Cebà, whose correspondence with her can only in part be reconstructed from the «Lettere […] scritte a Sarra Copia», and those written by the author to other recipients (both sets collected and printed in 1623). Involved despite herself in a theological controversy on the immortality of the soul with the priest Baldassare Bonifacio, and in a moralistic–literary controversy with her tutor Numidio Paluzzi and the painter Alessandro Berardelli, Sara responded both in verse and prose, denying the accusation that she was not the author of her own writings, an accusation that was also levelled at her as a critic. The essay is followed by an Appendix containing extracts from Bonifacio’s «Risposta» to Sara’s «Manifesto» (both works published in 1621), with notes and commentary.
2012
978-88-8101-890-1
Il saggio si propone di ragionare sul significato che la figura di una scrittrice quale Sara Copio Sullam viene ad assumere in relazione a panorami sempre più ampî ed articolati: la Venezia del primo Seicento, il contemporaneo «milieu» letterario italiano, la misura e la qualità della sopravvivenza di essa nelle età successive, in cui si moltiplicano le voci e le opinioni, prima schierate nelle opposte fazioni dei detrattori e dei sostenitori, quindi ricomposte sotto la topica insegna della «femme savante». Ripercorrendo le fasi ed i momenti della sua attività letteraria, la si trova innanzi tutto coltivare la poesia in lingua italiana, secondo l’esempio dell’altro fondamentale esponente del dialogo interculturale ed interreligioso nella Venezia del primo Seicento, il rabbino Leon Modena. Seguendo la naturale attitudine ad un dialogo con l’altro da sé, in senso religioso, culturale, umano, Sara elegge quale destinatario privilegiato un letterato cattolico dalla poetica «moderato–barocca», il genovese Ansaldo Cebà, con cui intesse una corrispondenza che possiamo ricostruire soltanto a partire dalle «Lettere […] scritte a Sarra Copia», e da quelle rivolte dall’autore ad altri destinatarî (raccolte entrambe stampate nel 1623). Coinvolta suo malgrado in una polemica teologica sull’immortalità dell’anima con l’ecclesiastico Baldassare Bonifacio; ed in un’altra moralistico–letteraria con il suo precettore Numidio Paluzzi e con il pittore Alessandro Berardelli, Sara risponde sul duplice piano trattatistico e poetico, smentendo le accuse rivoltele di non essere l’autrice dei proprî scritti, accuse che accompagnano anche la sua (s)fortuna critica. Al saggio fa séguito un’Appendice riportante alcuni brani della «Risposta» del Bonifacio al «Manifesto» di Sara (opere ambedue edite nel 1621), annotati e commentati.
Una figura del dialogo interculturale nella Venezia primosecentesca: la «bella Hebrea» Sara Copio Sullam / Sarnelli, Mauro. - (2012), pp. 213-259.
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